Che sia il libro di Salvini, il tuo o il mio, i libri non si strappano, non si bruciano.
Un anno fa Articolo21 mi consegnò un riconoscimento per le intimidazioni e gli insulti ricevuti in rete in seguito a post antirazzisti, per il mio impegno a favore della libertà di stampa e per il racconto di realtà spesso trascurate. Lo cito soltanto in conseguenza ad un atteggiamento che mi preoccupa.
Per aver condannato gli atti vandalici contro i libri, ieri, su questo giornale, hanno commentato che dovrei invece preoccuparmi dei migranti. Per essermi occupata dei migranti, aver pubblicato un libro sull’argomento e diverse inchieste, mi hanno aggredita per mesi scrivendo: portateli a casa tua. O complimenti più profondi come “troia“. O “fatti stuprare da un nero“.
Per mesi ho dovuto bloccare le offese subito dopo le mie presentazioni del libro, i miei interventi televisivi. Ho dovuto proteggere il ragazzo di cui mi sono occupata, Remon e la sua famiglia italiana che lo ha accolto, amato, salvato. Da attacchi e offese irripetibili. Disumane. Poi basta un titolo provocatorio, che riprende la frase di un poeta, condivisa ieri su La Notizia e, senza sforzarsi di leggerne il contenuto, si diventa improvvisamente: “fascista”. Chi si informa solo sui social notoriamente legge solo il titolo. Si trasforma in giudice, in critico. L’onestà intellettuale non è più un valore.
Così come la libertà, l’ approfondimento.
Ma lo ripeterò fino all’esasperazione: io i libri li difendo. Al massimo non li apro.
Così come difenderò sempre i commercianti che hanno subito danni e chi lavora per l’editoria.
Così come ho dovuto difendere i miei libri, sempre, da qualche attacco: comunista ieri. Fascista oggi. Ragazzi, ve lo dico con il cuore, la verità è oltre i 140 caratteri.