Ecco che ci risiamo: Mihajlovic perde la panchina, ma non il vizio. E il vizio è quello di offendere le donne che osano criticarlo. Prima si era scagliato contro Melissa Satta, che aveva soltanto riferito un commento già circolato da altre fonti e commentatori: ovvero che l’atmosfera negli spogliatoi fosse un po’ tesa.
Non era una novità, ma lui l’ha presa sul personale. E non solo lui. Qualcuno l’ha perfino accusata di aver riferito impropriamente un commento privato, ascoltato in casa. Malgrado, appunto, la notizia non fosse affatto uno scoop o una indiscrezione di Melissa.
E come se consultare proprie fonti e tirarne poi le somme, con analisi, articoli o critiche, fosse esclusiva solo di alcuni uomini.
Poi ha precisato che si era espresso male: “ Ci sono donne che capiscono di calcio, per esempio Ilaria D’Amico, ma non è il caso della Ferrari .
La Ferrari in questione è Paola, uno dei volti più noti della televisione, giornalista e conduttrice da trent’anni. Rinfreschiamo la memoria a Sinisa: 90º minuto, La Domenica Sportiva, Dribbling, , Martedì Champions, Un mercoledì da campioni, Notti mondiali, Stadio Europa. Ma l’elenco è molto più lungo. E io mi fermo qui, per riprendere fiato e spiegare da cosa ha avuto origine la vendetta di mister Mihajlovic.
Durante la trasmissione La Zanzara, condotta da Giuseppe Cruciani, Paola Ferrari ha dichiarato quello che ha pensato la stragrande maggioranza delle professioniste che hanno dedicato la vita a questo mestiere: “Sono offesa, infastidita e indignata per quello che ha detto Mihajlovic. Un cafone. Ma nel mondo del calcio tra gli addetti ai lavori moltissimi la pensano come lui. E anche gli allenatori. Guardate Mancini come si è comportato con Michaela Calcagno. Quando si trovano di fronte alle donne si sentono infastiditi, offesi, dalle domande di una donna”.
Ma lui, che ricopre un ruolo di responsabilità, di influenza, ha pensato di aggiungere benzina alle ben note polemiche su razzismo, violenza, discriminazione territoriale, con un commento misogino di cui non avevamo bisogno: le donne non sono all’altezza.
Solo un anno fa ci aveva fatto vergognare la frase: “Basta, non si può sempre parlare di dare soldi a queste quattro lesbiche”. Ma evidentemente non siamo riusciti a fare molti passi in avanti.
Il giornalista è un critico. Non può essere asservito. Così come una donna non può che essere solidale nei confronti di Paola Ferrari.
Succede nel calcio, succede nell’editoria (solo dieci donne hanno vinto il Premio Strega) e in tanti, troppi settori, anche se abbiamo fatto passi in avanti.
Del resto Sabrina Scampini lo scrive bene nel suo libro Perché le donne valgono, anche se guadagnano meno degli uomini (ed. Cairo): “Sono rimasta impressionata quando ho scoperto che tra i 128 Paesi nel mondo noi eravamo all’84 esimo posto della classifica per quanto riguarda la parità tra i generi. Voleva dire che in 83 Paesi gli uomini e le donne vivevano una situazione di maggiore uguaglianza rispetto a noi (…) Siamo 111 esimi nella classifica per quanto riguarda la partecipazione economica: continuiamo a essere tra i peggiori, nessun Paese avanzato è messo male come il nostro”.
Se poi ci mettiamo del nostro, non potremo che restare immobili.