“Ho iniziato a pensare a questa cosa, quando mi è stata chiesta, mentre ci alzavamo in elicottero partendo dal Sulcis”. Lo ha raccontato il ministro della Coesione territoriale, Fabrizio Barca, in una intervista a Rai News, parlando della sua iscrizione al Pd, avvenuta ieri, ha precisato, “alle cinque meno dieci”. Non è stato un gesto di impulso, ha sottolineato. “Non sono un centometrista – ha spiegato – ci ho pensato mesi”. Il documento programmatico pubblicato ieri “è frutto della riflessione di mesi”.
Il dibattito politico, ha spiegato, è “privato di una discussione di respiro. Ho avvertito una carenza di discussione sulla forma partito”. Sul tema del finanziamento, ha sottolineato: “Il finanziamento del partito deve dipendere dalle persone che fanno parte del partito e non dal finanziamento pubblico. Chi paga è il proprietario. Se alla fine il proprietario del partito è lo Stato è inevitabile l’identificazione tra il partito e lo Stato. Le persone che fanno il partito lo devono anche possedere dal punto di vista finanziario”.
“L’italia – ha continuato – è l’unico paese in cui la parola ‘sinistra’ non si può più usare. Si deve chiamare ‘centrosinistra’, ‘centro’, ‘centrodestra’: la parola ‘centro’ deve stare dappertutto. Il Pd è un partito di sinistra. Si chiama di centrosinistra per ipocrisia”. C’è rischio scissione del Pd? “No, questo è parte dell’inevitabile rumore”.
“Se devo dare dei segnali a livello regionale – ha continuato – perché arrivino a Roma, per esempio sul tema dei rifiuti, per capire come un sentimento diventare qualcosa di pratico, magari rinunciando a qualche dogma, ho bisogno di parlare, di scontrarmi, e solo magari al termine di una litigata di due ore viene fuori una soluzione. E questo non si può fare con un tweet o con Facebook. Come dice un mio collega americanco, solo dal conflitto nasce l’innovazione”.
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