Passano gli anni ma l’ombra della Banda della Magliana continua a stendersi minacciosa sulla Capitale. Un fantasma che anziché sbiadire col tempo, torna ad affacciarsi con preoccupante – quanto sorprendente – ciclicità sulle cronache della città eterna. Prima le infiltrazioni nella politica capitolina emerse sette anni fa dal Mondo di Mezzo di Massimo Carminati, poi l’inchiesta dell’anno scorso sul narcotraffico al Tufello gestito da Roberto Fittirillo detto “Robertino” e ora la confisca del tesoro dell’ex boss siciliano Salvatore Nicitra (nella foto) accusato di gestire un commercio clandestino nel settore dei videopoker.
PASSATO CHE RITORNA. Dopo l’omicidio nel ‘70 dello storico leader Franco Giuseppucci, la Banda della Magliana iniziò un lento quanto inesorabile declino. Dilaniata da faide tra sodali per la gestione degli immensi business, poi da una vera e propria guerra che ha lasciato sul campo diversi esponenti, e infine finita nel mirino della magistratura con i processi degli anni ’90, la Banda sembrava ormai un ricordo.
Eppure, come appare evidente dalle innumerevoli inchieste portate avanti prima dall’ex procuratore Giuseppe Pignatone e dopo dal suo successore Michele Prestipino, quel regno criminale non si è mai realmente concluso ma si è semplicemente trasformato. A ben vedere, infatti, a Roma negli anni sono nate nuove alleanze e, sotto gli occhi degli investigatori, si è venuta a creare una spartizione dei lucrosi affari che la Capitale può offrire. Tutti eventi che sebbene sembrassero apparentemente scollegati, in realtà erano collegati dal filo rosso che portava allo storico gruppo criminale che ha seminato il terrore tra gli anni ‘70 e ‘80.
EREDITà PESANTE. Un passato criminale che ritorna perché Nicitra all’interno della Banda non era di certo l’ultimo arrivato ma un pezzo da 90 tanto che Maurizio Abbatino e Antonino Mancini, storici esponenti della Magliana, lo descrivono come “l’uomo di fiducia di Enrico De Pedis”. Proprio per questo il siciliano è finito al centro dei processi che hanno travolto la Banda ma da cui ne è uscito quasi indenne facendosi passare per pazzo e scontando solo pochi anni in un manicomio.
Tornato in libertà non è rimasto a braccia conserte e tanto meno ha cambiato vita. Come nulla fosse ha ripreso a fare quello che ha sempre fatto fin dagli anni in cui a Roma regnava Giuseppucci. Del resto il suo nome è noto sia alla giustizia quanto al sottobosco criminale della Capitale che lo teme e in cui, per qualche ragione, è sempre riuscito a galleggiare riciclandosi e scegliendo, a differenza di molti suoi ex colleghi, un basso profilo che lo mettesse a riparo dalle indagini.
Insomma un pedigree che Nicitra ha saputo sfruttare arrivando a mettere in piedi una propria organizzazione, composta da 37 scagnozzi, che ha saputo estendere le proprie mani sui quartieri Montespaccato, Aurelio, Primavalle, Cassia, Monte Mario, e che gli è valso il titolo di “Re di Roma Nord”. Un impero che ha saputo innovare tanto che, come accertato dal procuratore aggiunto della Capitale Nadia Plastina, negli ultimi anni ai sistemi classici del gioco d’azzardo illegale, come il cosiddetto “picchetto”, ha perfino fatto preparare un software pirata da installare su una penna usb per giocare online. Non che gli mancassero uffici fisici dato che in tutta Roma, sotto il brand di sale gioco “Planet”, poteva contare di oltre 200 sale slot.