Guadagnare o perdere pari sono. Benvenuti nel fantastico mondo del banchieri italiani, dove a differenza di quello che succede nel resto del mondo la retribuzione resta per la maggior parte slegata dai risultati: nel 2016 l’86% della busta paga è stato costituita dalla parte fissa. A rilevarlo è un’indagine della Uilca (la categoria della Uil che si occupa dei lavoratori del credito, esattorie e assicurazioni. Tutti comparti dove da anni non si fa che parlare di esuberi). Dall’indagine emerge nuovamente come i manager bancari italiani preferiscono avere lo stipendio legato alla “presenza” e non ai risultati, in controtendenza con il resto d’Europa. Analizzando il periodo 2013-16, le maggiori banche del Paese (Unicredit, Intesa, Mps, Banco popolare, Ubi e Carige) che hanno riportato perdite per 39,3 miliardi di euro complessivi, hanno erogato agli amministratori delegati e ai presidenti 50,2 milioni di retribuzione e 12,7 milioni quali indennità di fine carica, per un totale di 62,9 milioni. Nel 2016, inoltre, i compensi di presidenti dei consiglio di amministrazione e consiglio di sorveglianza e degli amministratori delegati (e dei direttori generali) depurate degli eventi straordinari, sono rimaste stabili (+0,14%) rispetto al 2015. E la retribuzione dei capi azienda è risultata pari, come nel 2015, a 57 volte la retribuzione media lorda (28mila euro) di un bancario. Un rapporto che scende a 21 se consideriamo la retribuzione dei presidenti. Comunque un sacco di soldi, di fronte ai quali non si continua a capire il motivo, visti i risultati deludenti e l’aria che tira nel resto del mondo. C’è da pensare dunque che queste retribuzioni paghino altro. Più del lavoro svolto, il silenzio su ciò che si vede.
Hanno incassato 63 milioni dopo aver perso 39 miliardi. Ecco la dolce vita dei banchieri di casa nostra
In nessun Paese al mondo i banchieri sono strapagati come in Italia, indipendentemente dal risultato