È stata senza ombra di dubbio la peggiore asta delle 14 edizioni tenute. Parliamo del collocamento dei Btp Italia, titoli di Stato pensati appositamente anche per i piccoli e medi imprenditori. Che sia stato un flop è fuor di dubbio. Basti pensare che nella tre giorni di asta (che si è chiusa il 21 novembre) sono stati raccolti “solo” 863 milioni. Nelle 13 edizioni precedenti, in totale, lo Stato aveva invece raccolto oltre 140 miliardi di euro, mentre le ultime emissioni erano oscillate tutte tra i 7,1 e i 9,3 miliardi con l’eccezione di quella dell’aprile 2016 che si fermò a 5,2 miliardi. Insomma, un fallimento a dir poco clamoroso, che ha insospettito e non poco il senatore del Movimento cinque stelle, Elio Lannutti che, nei giorni scorsi, ha presentato un’interrogazione rivolta al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e al ministro dell’Economia, Giovanni Tria, avanzando un dubbio sottovalutato ma piuttosto legittimo: il flop sarebbe stato causato anche da un atteggiamento non proprio imparziale di banche e media.
Ma andiamo con ordine. Nell’atto parlamentare Lannutti, pur sottolineando che la freddezza dei risparmiatori sia dovuta anche alla “fase di fibrillazione accentuata volatilità che stanno vivendo i mercati”, è altrettanto vero che “alcuni giornalisti nel propagandare e trasmettere l’ansia da spread ed il primato dei mercati, di banche e finanza tossica sull’economia reale con uomini e donne trattati come merci residuali, si sono sbizzarriti nelle più svariate interpretazioni”. L’esempio più eclatante secondo Lannutti arriva da un articolo pubblicato sul Corriere da Federico Fubini, secondo cui “l’origine del problema è questa caotica campagna elettorale che non finisce mai, perché erode la fiducia. È qui che qualcosa deve cambiare prima che sia tardi. Spetta al governo. E spetta anche a noi italiani smettere lasciarci illudere che l’interesse personale di ciascuno si faccia a spese dello Stato”.
Ma, se da una parte il parere dei giornali, per quanto parziale è sempre legittimo, meno lo sarebbe l’operato (e l’ostilità) di alcune banche. E una denuncia, ricordata nell’atto parlamentare da Lannutti, lascia più di un dubbio. A scrivere ai deputati che, insieme a Lannutti hanno presentato l’interrogazione, è stato P.R. “Lunedì pomeriggio sono andato in banca per sottoscrivere 20mila euro di BTp Italia”, si legge nell’atto parlamentare. Il direttore, però, lo avrebbe rimandato al giorno dopo per via di un problema col sistema informatico. Il giorno dopo, però, c’è stato un secondo rinvio al giorno ancora successivo. “Di nuovo in banca – racconta ancora P.R. – al termine di tutte le operazioni il sistema non mi permetteva di comprare più di 8mila euro pur avendo io sul conto più del doppio”. Al che, ovviamente, sono state chieste le spiegazioni del caso e “mi hanno detto che avendo io altri Btp non potevo essere esposto al rischio di comprarne altri”. Da qui la conclusione: “Io ho detto loro che avrei fatto formale protesta alla loro direzione centrale ed informato il Mef. Sono andato via arrabbiato ma tanto loro se ne sono sbattuti e stanno comprando solo 8mila”. Il rischio avanzato da Lannutti, dunque, è che l’ostilità delle banche abbia svantaggiato l’acquisto di Btp.
Un comportamento, se così fosse, scorretto. Anche perché, a quanto risulta, già il sistema informatico precisa eventuali rischi per gli investimenti, mentre pare non ci siano “sistemi operativi in grado di respingere, come nel caso di specie, operazioni che eccedano soglie determinate”. Questa la ragione per cui Lannutti, insieme ad altri nove senatori M5S, ha chiesto al Governo di “attivare le procedure ispettive e conoscitive previste dall’ordinamento, anche al fine di prendere in considerazione ogni eventuale sottovalutazione di significativi profili di accertamento, nonché per fugare qualsiasi ombra nei fatti descritti”. Vedremo ora se Tria e Conte terranno in conto la questione. Perché, come si suol dire, fidarsi è bene, non fidarsi è decisamente meglio.