Da un lato la sfida finale nei ballottaggi che dovranno decidere la sorte degli ultimi sette capoluoghi e di 41 comuni ancora in palio, dall’altro il primo turno delle amministrative in Sardegna e soprattutto in Sicilia dove saranno in lizza i posti di primo cittadino a Catania, Siracusa, Ragusa e Trapani. Si prospetta una partita accesa tra domenica e lunedì quando le coalizioni si fronteggeranno in quello che viene definito un ‘test’ per i partiti visto che la coalizione di Giorgia Meloni vuole confermare di avere l’appoggio degli italiani mentre Giuseppe Conte e Elly Schlein sperano di avere scoperto la ricetta per battere le destre.
Tra domenica e lunedì i ballottaggi dovranno decidere la sorte degli ultimi sette capoluoghi e di altri 41 Comuni
Che la partita sia aperta e decisiva, nonché temuta, lo lascia pensare anche l’impegno profuso dalla maggioranza che mercoledì ha dato il via libera al Ponte sullo Stretto probabilmente nella speranza di capitalizzare consensi in Sicilia. Esigenza che evidentemente viene condivisa dai vertici della coalizione e del governo visto che la premier e i due vice, Matteo Salvini e Antonio Tajani, oggi sono giunti a Catania per la chiusura della campagna elettorale facendo leva sull’approvazione della maxi opera da 14 miliardi di euro.
Così dopo un primo round elettorale che si era concluso con un leggero vantaggio delle destre, le quali si erano assicurate quattro capoluoghi, ossia Sondrio, Treviso, Latina e Imperia, mentre il centrosinistra ha conquistato Brescia e Teramo, quella che andrà in scena tra domenica e lunedì sarà una battaglia letteralmente all’ultimo voto.
Tra le partite più interessanti e combattute spicca la battaglia di Ancona
Tra le partite più interessanti e combattute spicca la battaglia di Ancona, unico capoluogo di regione al voto, che da trent’anni è nelle mani del Centrosinistra. Un dominio incontrastato che questa volta vacilla pericolosamente visto che il candidato sindaco del Centrodestra, Daniele Silvetti, al primo turno era in forte vantaggio. A lui, infatti, gli anconetani hanno accordato il 45% delle preferenze a fronte del 41,3% finito alla vicesindaca uscente Ida Simonella, sostenuta da una coalizione di centrosinistra ma senza il Movimento 5 Stelle. Si tratta di una partita molto sentita dai due schieramenti visto che per Silvetti è sceso in campo il ministro per lo Sport, Andrea Abodi, mentre per Simonella si è mossa in prima persona la segretaria del Partito democratico Elly Schlein che vuole tentarle tutte pur di evitare quella che, senza troppi giri di parole, sarebbe una batosta epocale per i dem. Battaglia da cui si è chiamato fuori il Movimento 5 Stelle con il suo candidato Enrico Sparapani, il quale è stato sconfitto al primo turno, che ha chiarito da giorni che “non faremo nessun apparentamento” in quanto “rimarremo coerenti e trasparenti con la nostra linea politica”, lasciando “libera scelta ai cittadini”.
Osservata speciale anche la città di Pisa
Osservata speciale anche la città di Pisa dove il candidato del Centrodestra, Michele Conti, ha letteralmente sfiorato la vittoria già al primo turno con il 49,9% delle preferenze. Allo sfidante Paolo Martinelli, supportato da Movimento 5 Stelle e Partito democratico, è andato il 41,1% dei voti. Nel capoluogo toscano il sogno di Elly Schlein e Giuseppe Conte di riconquistare l’ex roccaforte del Centrosinistra appare un compito molto arduo ma non impossibile. E per riuscirci i dem hanno deciso di schierare pezzi da novanta visto che oggi alla conclusione della campagna elettorale di Martinelli ci saranno Simona Bonafè e Andrea Orlando. Difficile capire come si concluderà questa battaglia anche se è facile immaginare che in caso di affermazione dei dem, allora il Centrodestra non esiterà a fare ricorso al Tribunale amministrativo regionale (Tar) per chiedere il riconteggio delle schede contestate.
Altra città da tenere sott’occhio è Vicenza
Altra città da tenere sott’occhio è Vicenza dove il candidato del Partito democratico, Giacomo Possamai, già al primo turno sembrava vicino a poter scalzare il sindaco uscente Francesco Rucco. Al primo sono andati il 46,2% dei voti mentre al secondo il 44%. Qui, davanti al rischio di una sconfitta inattesa, è stato il Centrodestra a schierare i propri pesi massimi così da riuscire ad evitare una possibile débâcle. Per questo a chiudere la campagna elettorale di Rucco ci hanno pensato Matteo Salvini e il ministro della Difesa, Guido Crosetto, così da convincere i tanti vicentini a dir poco scettici.
Ben più curiosa, invece, la situazione a Massa. Qui il Centrodestra, dato come probabile vincente dai sondaggi fatti nei mesi precedenti alle elezioni, è riuscito a complicarsi la vita presentandosi con due candidati che se le sono date di santa ragione. A spuntarla è stato il candidato Francesco Persiani, supportato da Lega e Forza Italia ma non da Fratelli d’Italia che aveva scommesso tutto su Marco Guidi, che con il 35,4% dei consensi si è guadagnato l’accesso al secondo round dove incontrerà Enzo Romolo Ricci, sostenuto dal Centrosinistra, che ha ottenuto il 29,95% dei voti. Spaccatura nella coalizione che supporta il Governo che non è stata sanata neanche in queste settimane visto che Fratelli d’Italia si è sfilato da questa battaglia elettorale lasciando libertà decisionale ai propri elettori. E proprio questo aspetto potrebbe rivelarsi decisivo per Ricci che spera di riuscire a capitalizzare i voti di protesta dei meloniani delusi.
La sfida a Siena si giocherà sul filo del rasoio
Si giocherà sul filo del rasoio, invece, la sfida a Siena dove al primo turno la candidata del centrodestra, Nicoletta Fabio, ha scalzato di appena 400 voti la rivale del centrosinistra, Anna Ferretti. Alla prima sono state accordate il 30,5% delle preferenze, alla seconda il 28,7%. Insomma il divario è minimo e per questo saranno decisivi i voti che sono andati agli altri candidati che non sono riusciti ad accedere al ballottaggio, a partire da quelli finiti al civico Fabio Pacciani che ha capitalizzato il 22,65% delle preferenze ma ha rifiutato ogni apparentamento preferendo lasciare libertà di scelta ai cittadini che lo avevano scelto al primo turno. Un tesoretto di preferenze di circa 6mila voti, suddivisi in sette liste con sensibilità molto diverse, che rischia di essere il vero e proprio ago della bilancia di questa tornata elettorale. Come potrebbero essere fondamentali anche le 2mila preferenze accordate al candidato civico, Emanuele Montomoli, di area centrodestra. Quest’ultimo sembrava inizialmente destinato a essere il candidato di Meloni, Salvini e Tajani ma alla fine non se ne fece nulla e si puntò tutto sulla Fabio. Proprio la vicinanza ideologica di Montomoli, con diversi punti del programma pressoché sovrapponibili a quelli della Fabio potrebbero convincere l’elettorato a sostenere quest’ultima. Se le cose andranno come sperano nella coalizione di maggioranza, allora la vittoria della candidata del Centrodestra dovrebbe essere davvero dietro l’angolo.
A Terni la sfida è tutta interna al Centrodestra
A Terni la sfida è tutta interna al Centrodestra visto che né il Partito democratico né il Movimento 5 Stelle, i quali si sono presentati separati al primo turno, sono riusciti a portare i rispettivi candidati sindaco al ballottaggio. Così la sfida sarà tra Orlando Masselli, ex assessore sostenuto da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, e il civico di centrodestra Stefano Bandecchi, il patron della Ternana calcio su cui ben pochi erano pronti a scommettere. In vantaggio è il candidato supportato dall’intera coalizione di Giorgia Meloni che al primo turno si è imposto con il 35,8% delle preferenze a fronte del 28,1% di Bandecchi. Decisivi per la vittoria finale saranno i voti dei tanti indecisi anche perché, come visto praticamente in ogni altro capoluogo, non c’è stato alcun apparentamento tra i candidati bocciati al primo turno e quelli che sono andati al ballottaggio. Davanti a una partita tanto aperta, è proprio il patron della Ternana calcio che spera di spuntarla e che in questi ultimi giorni ha rivolto numerosi appelli ai cittadini affermando che “se vinco a Terni, non mi fermo più”.
Turno di ballottaggio anche a Brindisi
Come già visto pressoché ovunque, anche a Brindisi i candidati sconfitti al primo turno si sono guardati bene dall’apparentarsi con chi si gioca tutto in questo ballottaggio. Così Pino Marchionna, supportato dal Centrodestra unito e che due settimane fa aveva ottenuto il 44% delle preferenze, dovrà vedersela con Roberto Fusco, candidato per conto del Partito democratico e del Movimento 5 Stelle che si era fermato al 33,3% dei voti. Sembra una partita già decisa ma non si possono escludere colpi di scena. Questo perché l’Alleanza Verdi e Sinistra che al primo turno aveva appoggiato il sindaco uscente Riccardo Rossi, al quale erano andate il 10,1% delle preferenze, sta lanciando segnali di apertura al Pd e al M5S in vista di un possibile apparentamento in extremis. Stando a quanto trapela, la trattativa sarebbe in corso con Avs che chiede un accordo formale che metta al primo piano le politiche green da portare avanti in caso di vittoria mentre Fusco per il momento si sarebbe limitato a offrire soltanto dei posti in giunta. La sensazione, perché di questo si tratta, è che alla fine l’intesa si troverà.
Primo turno delle amministrative in Sardegna e in Sicilia dove saranno in lizza i posti di primo cittadino a Catania, Siracusa, Ragusa e Trapani
Ma domenica e lunedì si voterà anche in 128 comuni della Sicilia, dove la contesa riguarderà anche importanti città tra cui Catania, Ragusa, Siracusa e Trapani, e in 39 comuni della Sardegna. Pochi dubbi sul fatto che l’osservata speciale di questo primo turno tutto isolano è Catania dove a spingere il candidato unitario del Centrodestra, Enrico Trantino, scenderanno in campo i big della coalizione. Oggi a chiudere la campagna elettorale saranno presenti Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini.
Proprio quest’ultimo, nella sua qualità di ministro delle Infrastrutture, porterà con sé l’approvazione del Ponte sullo Stretto nella speranza di scaldare il cuore dei catanesi. Peccato che non è affatto scontato che ci riesca perché in Sicilia sono tanti i delusi da un Centrodestra che sentono distante e che, a partire dalla decisione di cancellare il Reddito di cittadinanza, hanno dato il via a quella che molti definiscono ‘una guerra contro i poveri’. Lo sa bene Giuseppe Conte che è deciso ad approfittare di questo malumore strisciante con un lungo tour, della durata di due giorni, nell’isola e in cui ha fatto continui bagni di folla. E la sensazione è che il Movimento 5 Stelle che a Catania corre insieme al Partito democratico, potrebbe davvero farcela portando avanti il candidato progressista Maurizio Caserta che nella squadra di assessori designati in caso di vittoria ha già annunciato che sarà presente l’ex ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo.
Così la Sicilia e soprattutto Catania, diventano un banco di prova per entrambi gli schieramenti e potrebbe avere ripercussioni anche a carattere nazionale sul medio-lungo periodo. Che si tratti di un test importante per il Centrodestra lo si capisce dal fatto che deve dimostrare di avere ancora il vento in poppa e di riuscire a convincere anche il Sud Italia che fino ad ora ha manifestato una certa insofferenza verso le politiche della Meloni in materia di aiuti nei confornti degli ultimi degli ultimi. Ma è un test anche per l’alleanza progressista di Centrosinistra che proprio a Catania ha costruito quello che in gergo viene definito un laboratorio politico. Proprio nel capoluogo etneo si capirà se una coalizione tra M5S e Pd è ancora possibile oppure se è un progetto politico da abbandonare.