A sentire gli staff interni di Camera e Senato, la voce ufficiale è che in realtà non c’è alcuna spaccatura. Solo visioni diverse com’è giusto che sia all’interno di una forza che ha fatto della democrazia orizzontale la sua componente principale. Poi, quando si va al di là dei canonici formalismi, ecco che piomba addosso come un macigno la spaccatura interna. Con i contiani che mai come prima dubitano della tenuta della leadership interna di Giuseppe Conte. Una leadership che, forse, non è mai partita come avrebbe dovuto.
“Anche guardando indietro – mormora qualcuno – non si è mai partiti col piede giusto: prima i ritardi nell’elaborazione del nuovo Movimento, poi le liti con Beppe Grillo che sembrava volesse estromettere lo stesso Conte, dunque i continui passi indietro di Conte sui alcune cose che noi abbiamo sempre considerato capisaldi; infine la questione scoppiata con Di Maio… Forse era solo questione di tempo”.
FAZIONI OPPOSTE. Quel che è certo è che la rottura è deflagrata nel peggiore dei modi. E ora le due fazioni sono piuttosto evidenti con i 5 stelle storicamente più fedeli all’ex capo politico che si schierano a difesa del ministro degli Esteri. A cominciare dal suo sottosegretario, Manlio Di Stefano. “Questa ripugnante caccia all’uomo verso Luigi Di Maio deve finire e non è degna dei nostri valori”, scrive l’esponente dei 5 stelle sulla sua pagina Facebook.
Un post in cui Di Stefano difende Di Maio ma non va all’attacco dell’attuale presidente dei 5 stelle. “Né lui né Giuseppe Conte – scrive – sono mai scappati dalle loro responsabilità, se ne hanno non scapperanno nemmeno questa volta, ma questo non deve essere un processo di piazza tantomeno uno scaricabarile”. Si schiera con Conte, invece, Alessandra Todde, viceministra dello Sviluppo economico e vicepresidente dei 5 stelle. “Ho apprezzato e condiviso il metodo inclusivo e trasparente che Giuseppe Conte ha proposto per il Quirinale coinvolgendo subito i capigruppo di Camera e Senato e costituendo una cabina di regia che ha seguito tutte le fasi della trattativa. Di Maio ha partecipato a tutti gli incontri e le sue posizioni sono state discusse, alla pari delle altre, e sintetizzate da Conte che è il leader politico legittimato“.
Praticamente la stessa posizione illustrata due giorni fa dall’ex presidente del consiglio, che per replicare alle accuse di Di Maio sui “fallimenti” nelle trattative per il Quirinale, aveva detto “era nella cabina di regia M5s, anche lui chiarirà”. Scambi di accuse e di posizioni che sono state acuite da un episodio abbastanza inquietante: diversi profili, su twitter, nelle ultime ore hanno lanciato l’hashtag #dimaioout.
Per i parlamentari più fedeli al ministro degli Esteri, però, si tratterebbe di una manovra sui social (leggi l’articolo). “Ritengo inaccettabile l’utilizzo di bot e profili falsi contro Luigi Di Maio, a cui va la mia solidarietà. Alimentare una macchina del fango contro chi esprime opinioni critiche e chiede un confronto è uno spettacolo poco edificante e ingenera un clima d’odio che nessuno merita”, ha detto tra gli altri il il deputato Francesco D’Uva, ma attestati di solidarietà sono arrivati anche da Maria Elena Boschi e da Renato Brunetta.
Su un aspetto, però, tutti sono concordi: nei prossimi giorni le cose saranno più chiare perché inevitabilmente ci sarà un confronto per comprendere anche il futuro del Movimento e della sua leadership. Da una parte c’è chi ritiene che sia lo stesso Conte a ragionare se continuare o meno con la sua leadership: “Vista la situazione, visto che è stato platealmente sfiduciato da una parte interna, si sta chiedendo se continuare o meno…”, spiega un deputato vicino a Conte.
Dall’altra parte, invece, c’è chi ritiene che, al di là delle eventuali responsabilità, bisognerebbe capire se continuare ad essere guidati dall’ex presidente del Consiglio o affidare nuovamente la guida del Movimento a Di Maio, che “di fatto è sempre stato il nostro leader”; infine c’è chi risolverebbe la cosa con un nuovo voto degli attivisti. Visioni differenti e potenzialmente ugualmente dannose considerando che, di fatto, sono state tutte già battute e non farebbero fare alcun passo in avanti al “nuovo” Movimento.
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