Prova a ricucire, a mediare, a trovare un contatto con il leader di Italia Viva per tutta la mattinata e il primo pomeriggio di ieri, il premier Giuseppe Conte, dopo che dal Colle il messaggio è arrivato chiaro: niente maggioranze raffazzonate con i cosiddetti “responsabili”, ma del resto Sergio Mattarella è ben più sgomento dalla prospettiva di una crisi governo in piena pandemia. Che ci sarà, è inevitabile. Matteo Renzi parla in conferenza stampa (prevista prima per le 17 e 30 e poi slittata quasi di un’ora) alla Camera e dopo confermato le dimissioni delle del sottosegretario Ivan Scalfarotto e delle ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti, che nel Cdm della sera precedente che ha decretato il via libera al Recovery Plan si sono astenute, arriva al punto: “Se c’è un’apertura politica vera si discute in parlamento, non per la strada con la gente che ti urla e ti fischia”, ergo: il chiarimento vis à vis col premier non c’è stato.
E a domanda diretta sulla possibilità di un Conte ter il leader di Iv risponde così: “Un nuovo governo Conte? Non abbiamo veti su nessuno, nè pregiudizi su alcuno. Se vorrà venire, ci troverà in Parlamento. A lui la scelta. Ma come non c’è alcun veto o pregiudizio da parte nostra, sia chiaro che sia per questa maggioranza che per una eventuale forma diversa non c’è un solo nome per palazzo Chigi”. Tradotto: al di là della formula volutamente ambigua l’impressione è che Renzi tutto voglia tranne che a Palazzo Chigi rimanga Conte. Durissima la reazione delle altre componenti della maggioranza: “Da Iv atto gravissimo contro l’Italia”, tuona il segretario dem Nicola Zingaretti, “Tutti i partiti di maggioranza e il presidente Conte avevano assicurato la disponibilità di costruire insieme una visione del futuro, un patto di legislatura e questo rende la scelta di Iv ancora più incomprensibile. Adesso è a rischio tutto, anche gli investimenti per il nostro Paese”.
Stessa preoccupazione espressa dal capo politico del M5s Vito Crimi: “Mentre il Paese affronta con fatica, impegno e sacrificio la più grave crisi sanitaria, sociale ed economica della storia recente, Renzi sceglie di ritirare la propria delegazione di ministri. Credo che nessuno abbia compreso le ragioni di questa scelta”. Le dimissioni delle due ministre, accettate da Conte aprono diversi scenari circa il destino dell’Esecutivo: il Presidente del Consiglio può ora salire nuovamente al Quirinale e rassegnare le sue dimissioni, oppure può andare alle Camere e parlamentarizzare la crisi per cercare una verifica sui numeri a sostegno dell’attuale Governo senza più Italia Viva. Quest’ultima è l’ipotesi più probabile dopo il bomb storming di ieri, da Zingaretti a Di Maio a Speranza con l’hashtag #AvantiConConte che riapre, peraltro, la partita dei responsabili. Difficile del resto pensare a questo punto ad una ricomposizione con i renziani.
Se Conte venisse ‘bocciato’ dalle Camere – il Senato è il vero scoglio – sarebbe, ovviamente, costretto alle dimissioni. Il Capo dello Stato dovrebbe a quel punto aprire le consultazioni per verificare l’esistenza di una eventuale maggioranza per dar vita ad un altro esecutivo. Politico (stessa compagine del Conte II ma con un altro premier). Oppure tecnico o di unità nazionale: ipotesi remote che contemplerebbero il sostegno dei Cinque Stelle o del Pd (entrambi hanno escluso questa evenienza) per raggiungere l’autosuffficienza numerica. Infine, se le consultazioni si trascinassero senza riuscire a individuare un nuovo governo, sarebbe inevitabile sciogliere le Camere e andare a elezioni anticipate. L’incubo peggiore per il micropartito del 2 virgola di Renzi.