Sarà un caldissimo autunno quello che ci aspetta perché le diseguaglianze sociali, se gli scellerati obiettivi governativi dovessero essere centrati, sono destinate a diventare ancor più significative. A preoccupare particolarmente è il disegno di legge sull’autonomia differenziata che porta la firma di Roberto Calderoli e che gode del sostegno dei promotori di quella che è stata, non a torto, ribattezzata come la “secessione dei ricchi”.
Inutile negare la quota parte di responsabilità del centrosinistra nella modifica del titolo V nel lontano 2001, così come è innegabile che l’effetto della regionalizzazione della sanità abbia visto nei Lea più che delle soglie sotto le quali non scendere per garantire i livelli minimi di assistenza, una chimera a cui tendere e che è impossibile da raggiungere se sei nato nel Mezzogiorno. Perché il divario tra il Nord e il Sud non è una narrazione fittizia, ma una triste realtà che potrebbe diventare ancora più pesante.
La riforma dell’Autonomia, il Pnrr e la disparità di trattamento
I diritti dei cittadini devono essere per Costituzione garantiti in egual misura in tutto il territorio nazionale e, secondo un principio di solidarietà di cui beneficerebbe il Paese intero, le aree maggiormente in difficoltà andrebbero risollevate con interventi strategici mirati (infrastrutture, ospedali, scuole…) supportati da investimenti adeguati di risorse economiche e umane. Il Pnrr nella sua storica straordinarietà avrebbe permesso proprio di mitigare, seppur parzialmente, questo divario ma – a quanto pare – la revisione tanto decantata dal ministro Raffaele Fitto in nome dell’efficienza del piano ha colpito una serie di misure che avrebbero proprio aiutato le aree meridionali più disagiate.
Questo atto è perfettamente in linea con la visione del governo che vuole un’Italia a due velocità, riassumibile nel refrain esistono i “virtuosi” ed esistono i “fannulloni”. È ormai tristemente noto che se c’è un problema, la colpa è di chi lo vive: lo abbiamo visto con la sospensione del reddito di cittadinanza per gli occupabili che erano in una condizione di indigenza solo perché non avevano – era la vulgata delle destre – voglia alcuna di lavorare.
Italia a due velocità
Così viene tolto al Sud, dove peraltro il numero di percettori del reddito di cittadinanza è decisamente più alto, la possibilità di risollevarsi dalle difficoltà in una logica di becero utilitarismo che lede il principio unitario su cui poggia la nostra Repubblica. Le previsioni dell’autonomia differenziata sono funeste in termini sociali e toccherebbero capitoli decisivi come la scuola. Nascere al nord o al sud farebbe ancora più differenza perché i programmi formativi non sarebbero gli stessi, così come gli aspetti valutativi e la possibilità di supportare i percorsi curriculari con strumentazioni digitali ed esperienze didattiche adeguati.
Qui vengono in soccorso i Lep (si cerca di definirli da anni con enorme difficoltà) ma basta traslare quello che accade con la sanità sulle altre competenze che diverrebbero regionali per intuire la catastrofe sociale a cui si va incontro. Non a caso la mobilitazione sta crescendo sempre più nel paese, come dimostrano i risultati che sta conseguendo la raccolta firme su salariominimosubito.it e come certamente confermerà l’appuntamento del 7 Ottobre de “La Meglio via”. Più che caldo, la previsione è che l’autunno diventi rovente e la Meloni potrebbe uscirne scottata.