Il 10 aprile 2024, come un orologio di precisione in una stanza di orologi fuori sincrono, Giovanni Maria Flick ha fatto il suo ingresso nella commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati. Il presidente emerito della Corte costituzionale, recentemente eletto presidente del Comitato promotore del referendum sull’Autonomia differenziata, portava con sé non solo il peso della sua esperienza ma anche un fardello di interrogativi sul disegno di legge per l’autonomia differenziata delle Regioni.
Flick, con la meticolosità di un archivista e l’acume di un filosofo del diritto, ha iniziato a dipanare la matassa del progetto di riforma, mettendo in luce le sue potenziali criticità. Il disegno di legge, che mira ad attuare l’articolo 116, comma 3, della Costituzione, è stato oggetto di un intenso dibattito parlamentare. Secondo Flick, questa attuazione rischia di riaprire le fratture mai del tutto sanate della riforma del Titolo V del 2001.
Autonomia, le criticità costituzionali e i Lep
“La riflessione sulle ulteriori autonomie da riconoscere alle Regioni dovrebbe essere portata a livello costituzionale”, ha sottolineato Flick, “e non essere devoluta alla legge ordinaria”. Un’osservazione che risuona come un monito: si sta forse cercando di ridisegnare l’architettura costituzionale con strumenti inadeguati?
Sui Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep), Flick è stato particolarmente incisivo: “Non basta elencarli, occorre garantirne l’effettività e le risorse su tutto il territorio nazionale”. Ha poi aggiunto: “La mancata determinazione organica dei Lep rischia di consolidare e persino esasperare le disuguaglianze già esistenti tra le regioni”.
Riguardo al ruolo del Parlamento, Flick ha lanciato un allarme: “Il ruolo del Parlamento appare sminuito. Il disegno di legge sembra conferire un potere preminente al Governo, e in particolare al presidente del Consiglio”. Ha poi specificato: “Questo sbilanciamento dei poteri potrebbe minare il principio di rappresentanza democratica alla base del nostro sistema costituzionale”.
Rischi finanziari e pericolo separatista
Sulla questione finanziaria, il presidente emerito è stato categorico: “La disciplina dell’Autonomia differenziata rischia di risolversi in un’illusione che non tiene conto dei vincoli di finanza pubblica”. Ha poi elaborato: “Non è chiaro quali risorse dovranno contribuire al sostentamento delle iniziative di trasferimento e al loro mantenimento nel tempo. Questa incertezza potrebbe tradursi in un aggravamento delle disparità economiche tra le Regioni”.
Flick ha anche messo in guardia contro il rischio di derive separatiste: “C’è il pericolo concreto di una ‘prospettiva separatista’ verso la Padania, con il passaggio da un regionalismo differenziato e solidale a uno competitivo”. Ha poi aggiunto: “Questo scenario metterebbe a repentaglio i principi costituzionali di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, nonché quello perequativo di solidarietà”.
Un altro punto critico sollevato da Flick riguarda la distinzione tra funzioni legate ai Lep e altre funzioni: “Il criterio di distinzione non è esplicitato chiaramente nel disegno di legge. Questa ambiguità potrebbe portare a interpretazioni discrezionali e potenzialmente dannose per l’equità tra le Regioni”.
Infine, Flick ha sottolineato l’importanza di una visione d’insieme: “Il trasferimento di funzioni, sia per quelle relative ai Lep che per le altre, richiede comunque l’individuazione di una copertura finanziaria globale. Senza questa visione complessiva, rischiamo di creare un sistema a macchia di leopardo, dove alcune regioni prosperano a discapito di altre”.
Le sue domande, precise come bisturi, rimangono sospese, in attesa di risposte che non arriveranno. L’intervento di Flick anche oggi, dopo mesi, è prezioso perché contiene l’architettura del comitato referendario che spaventa così tanto il ministro Calderoli e il governo. La posta in gioco? Niente meno che il futuro dell’assetto istituzionale del paese. Un dettaglio da poco.