Che strano tipo è questo Walter Ricciardi. Uomo di multiforme ingegno, nasce a Napoli, una terra dolce e crudele che insegna l’amore e l’odio. Nella terra del grande Eduardo De Filippo, Ricciardi esordisce alla fine degli anni ’60 in Tv ancora bambino in I ragazzi di padre Tobia. Siamo alla fase prototipale del giallo sceneggiato in cui prende forma la figura del prete detective che avrà poi in Don Matteo la sua definitiva ipostasi. Ma Ricciardi non si ferma ed a venti anni lo troviamo ancora sul set questa volta nel film L’ultimo guappo del 1978, dove recita nella parte del figlio del boss, don Francesco Aliprandi, interpretato da Mario Merola.
A questo punto era facile trarre una previsione: il ragazzo ha una carriera cinematografica davanti, come un po’ era stato per il nipotino di Luigi Comencini poi santificato al ruolo di ministro tanti anni dopo. Ed invece no. Che ti fa Ricciardi? Ingrana la retromarcia, prende a calci i trucchi e i belletti, ed abbandona i set per la scienza anzi per la Scienza e cioè si iscrive e poi si laurea in medicina. Ma non si ferma mica qui. Fa carriera e diventa professore ordinario di igiene e medicina preventiva all’Università Cattolica. Diviene membro del Consiglio Superiore di Sanità e poi ancora più su verso l’empireo, diviene rappresentante all’Organizzazione Mondiale della Sanità designato dal governo Gentiloni.
Ma anche prima la politica aveva fatto capolino nella sua carriera quando era stato responsabile della sanità in Italia Futura, la creatura mai nata di Luca Cordero di Montezemolo che frequentò, vedi le coincidenze, anche il già citato Calenda, pure lui attore. Vite Parallele di Plutarco? Ma torniamo al nostro. Quando scoppia la pandemia lui resta fuori dalla brigata di consulenti e tecnici che daranno vita a innumerevoli task force governative e un po’ se ne adonta. È critico col governo, non gliene passa una. Poco dopo però diviene consigliere del ministro della Salute, come si dice adesso, Roberto Speranza e la solfa cambia. Ricciardi si fa difensore strenuo dell’operato dell’alto politico, ma incominciano anche i problemi.
L’ex attore è spumeggiante, irrefrenabile, presenzialista e compete con altre prime donne che se le suonano di santa ragione, come Roberto Burioni (che aveva detto che per l’Italia il rischio era zero), Maria Rita Gismondo (che aveva parlato del virus come di qualcosa appena un po’ più forte di una semplice influenza) e Ilaria Capua, provocando perplessità tra la gente. Ricciardi dice che le mascherine non servono a niente. Poi si sa come è andata a finire: ora sono indispensabili e prima no forse perché non c’erano per tutti. Ma lui non molla e si mette a criticare Trump via Twitter provocando ire internazionali e una nota della stessa Oms che dice che Ricciardi “parla solo a titolo personale”, non è un suo dipendente ma solo un designato dal governo italiano. Lui abbozza e ammette che è così.
Ma non rinuncia alla sfrontatezza dei tempi del cinema e dice che gli italiani sono “analfabeti funzionali” per l’epidemia pur ammettendo che il Paese si è fatto trovare impreparato. E lui che ci stava a fare? Ma non contento qualche giorno fa ha dichiarato che “la stragrande maggioranza degli italiani è ignorante”. L’ultima di ieri, Ricciardi pubblica un aggiornamento dello studio dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni (coordinato pure questo da lui) in cui sposta i “zero contagi” di più di un mese. Ma si dimentica di dire che questo studio è valido se nessuno si sposta, cioè in lockdown e non nella fase 2 e quindi non serve a niente.