Non è solo un caso di sorveglianza illegale. È un terremoto diplomatico che getta ombre sull’Italia. La società israeliana Paragon Solutions, produttrice dello spyware Graphite, ha annunciato di aver rescisso il contratto con il nostro Paese dopo la scoperta che almeno tre persone erano state intercettate con il suo software. L’azienda, che vende spyware a governi con l’impegno che venga usato solo per scopi legali, ha deciso la sospensione prima e la rottura definitiva poi perché l’Italia avrebbe violato i termini d’uso e il quadro etico concordato. Il governo Meloni nega ogni coinvolgimento, ma la decisione di Paragon – come racconta il Guardian – è stata presa.
Un’operazione mirata
Tra i bersagli figurano Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, Luca Casarini, fondatore della Ong Mediterranea Saving Humans e Husam El Gomati, attivista libico che ha denunciato il ruolo dell’Italia nei centri di detenzione in Libia. Tutti e tre hanno qualcosa in comune: il loro lavoro mette in difficoltà il governo; in tutti e tre i casi Paragon ha riscontrato una violazione grave al punto da chiudere i rapporti.
Per Haaretz Paragon forniva il trojan alla polizia e a un’organizzazione di intelligence italiane
Il governo italiano ha confermato due giorni fa di essere stato informato da WhatsApp che sono almeno sette le persone intercettate illegalmente. Ma chi siano le altre quattro, e chi abbia autorizzato tutto, resta un mistero. Il caso presenta contraddizioni evidenti. Il governo italiano ha negato ogni responsabilità. Ma allora chi c’è dietro? E perché Paragon ha interrotto il contratto? Secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano Haaretz, Paragon avrebbe tra i suoi clienti “l’Italia, dove lavora con due diversi enti, un’agenzia di polizia e un’organizzazione di intelligence“.
Un governo che minimizza
La risposta dell’esecutivo Meloni è stata un rifiuto netto di ogni responsabilità. Dal Copasir, che dovrebbe vigilare su operazioni di intelligence di questo tipo, non trapela – come scontato – nulla. Al ministero degli Interni tutto tace, Palazzo Chigi nega qualsiasi coinvolgimento, ma non spiega perché Paragon abbia tagliato i ponti.
L’unico a parlare, tra le file dell’esecutivo, è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alberto Barachini: “La protezione dei giornalisti, così come la cyber-sicurezza, sono due punti centrali dell’azione di governo”. “Non abbiamo informazioni in merito ma sappiamo che esistono molti software non solo di provenienza israeliana ma anche cinese che in qualche modo intervengono per esempio nelle chat utilizzate sugli smartphone”, ha aggiunto, “È un tema molto strategico che prevede una massima attenzione dei dipartimenti di sicurezza e dei servizi italiani e su questo ovviamente le autorità predisposte stanno lavorando, ma sono ancora indagini in corso, quindi è bene che chi sta indagando indaghi fino in fondo e poi dia le notizie che in questo momento sono riservate”.
Le opposizioni all’attacco: il Governo riferisca in Parlamento
Ieri tutti i partiti di opposizione hanno chiesto a Meloni di riferire urgentemente al Parlamento. Per Giuseppe Conte “è un fatto molto grave: venire a sapere che ci sono giornalisti italiani che sono stati spiati è un attentato alla libertà di stampa, è un attentato ai diritti di uno Stato democratico. È una questione assolutamente da chiarire. Per cui ci aspettiamo che il Governo chiarisca perché siamo al cospetto di una vicenda gravissima”.
“Se la notizia del Guardian fosse confermata”, aggiunge l’Avs Angelo Bonelli, “vorremmo sapere chi sono i soggetti, nell’esecutivo italiano o nelle agenzie alle dirette dipendenze del governo, che utilizzavano il software. Ci troviamo di fronte all’ennesimo episodio gravissimo: la presidenza del Consiglio, nella nota diffusa ieri (mercoledì, ndr) sera, smentiva di aver mai spiato giornalisti e attivisti, senza però rivelare di aver usato Paragon. Oggi (ieri, ndr), invece, il quotidiano The Guardian fornisce una versione opposta a quella di Palazzo Chigi. Il governo venga in Aula a spiegare pubblicamente quanto accaduto. La sede del chiarimento non può essere il Copasir”.
L’Ordine: “Intercettare un i giornalisti è un crimine”
“Intercettare tramite spyware i giornalisti non solo è inaccettabile e contrario al principio di libertà di stampa ma è anche vietato dalla legge. Il Media Freedom Act, il regolamento europeo sui media, è vincolante per gli stati membri e sancisce il divieto di intercettare, soprattutto con i software-spia, i giornalisti, salvo casi di estrema gravità”, sostiene invece il Comitato Esecutivo del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. “Prendiamo atto delle dichiarazioni del governo che ha escluso lo spionaggio a danno di giornalisti, ma serve chiarezza sul rapporto della società israeliana Paragon Solution con gli apparati dello Stato italiano”.
Il punto di non ritorno
Questa vicenda è molto più di un caso isolato. È il segnale che in Italia si può finire sotto sorveglianza per aver fatto il proprio lavoro. È la conferma che esistono zone grigie nella gestione della sicurezza e dei relativi controlli. E da un governo che nega con forza ogni responsabilità, è legittimo aspettarsi che pretenda e faccia chiarezza con la stessa forza.