Sono diverse le ragioni della sconfitta del centrosinistra in Abruzzo. L’astensionismo, come ha detto il candidato (sconfitto) del “campo largo”, Luciano D’Amico, il risultato modesto del M5S, come ha ammesso il suo stesso leader Giuseppe Conte, lo scarso contributo dei centristi di Carlo Calenda e Matteo Renzi. E in tutto questo c’è chi, dal Pd a Verdi-Sinistra Italiana, chiede di non archiviare il campo largo, o campo giusto, per dirla con Conte. “Il risultato è chiaro: un abruzzese su quattro ha votato la coalizione Marsilio, uno su quattro ha votato la nostra coalizione.
Due abruzzesi su quattro non hanno votato. Questa è la sconfitta più bruciante al di là dei risultati delle coalizioni
Ma due abruzzesi su quattro non hanno votato. Questa è la sconfitta più bruciante al di là dei risultati delle coalizioni. Per questo ci impegneremo molto nei prossimi cinque anni”, ha affermato D’Amico, commentando l’esito del voto che lo ha visto sconfitto nel confronto con il governatore uscente e candidato delle destre per il bis, Marco Marsilio. “Non siamo riusciti a convincere gli abruzzesi che l’ente regione impatta sulla vita di tutti i giorni e a convincere i giovani che il loro futuro può essere determinato anche dalle scelte che l’ente regione fa”. Il Movimento Cinque Stelle si è fermato al 7,01 per cento. Alle precedenti regionali del 2019 aveva sfiorato il 24 per cento quando correva in solitaria con Sara Marcozzi, poi passata con Forza Italia. Alle Politiche del 2022 era al 18,4 per cento. Insomma l’effetto Todde non c’è stato anche perché non hanno espresso i pentastellati qui un loro candidato come invece fu appunto nel 2019.
Conte fa autocritica: risultato modesto, ma si va avanti
“Registriamo il risultato modesto del M5S, che ci spinge a lavorare con sempre più forza sul nostro progetto di radicamento nei territori, per convincere a impegnarsi e a partecipare soprattutto i troppi cittadini che non votano più. Dobbiamo farlo sulla scia della vittoria ottenuta in Sardegna, che ci ha portato qualche giorno fa ad eleggere la prima Presidente di Regione M5S della storia, Alessandra Todde. Un segnale da cui ripartire”, ha commentato l’ex premier. C’è chi punta il dito contro la legge del secondo mandato che vige tra i Cinque Stelle e che non ha portato a ricandidare alcuni uomini forti sul territorio, come Domenico Pettinari che alle scorse elezioni aveva preso 10mila voti ed era stato il più votato. Una situazione di disagio quella che serpeggia nel M5S abruzzese evidente nella scelta del suo coordinatore di rimettere il mandato.
“Apro la mia personale riflessione sul ruolo da Coordinatore e la metto nelle mani del presidente Giuseppe Conte. Non devo invece riflettere sul sostegno incondizionato al mio amato MoVimento. Ero tra gli avanguardisti nel 2007 e ci sarò sempre per i valori e le idee che il MoVimento porta avanti e per le quali ne sono follemente innamorato”, ha dichiarato il coordinatore regionale del Movimento 5 Stelle Abruzzo, Gianluca Castaldi. Poi ci sono i centristi. Erano 40 mila i voti di Carlo Calenda con Matteo Renzi un anno e mezzo fa, un buon 6,3 per cento, quasi dimezzati a 23 mila con una percentuale del 4 per cento. Il Pd invece può ritenersi soddisfatto. Ha superato la soglia del 20 per cento, era all’11,9 nelle regionali di cinque anni fa e al 16,6 per cento alle politiche del 2022. Ma la sua leader non molla sulla necessità che le forze progressiste tornino a coalizzarsi.
Schlein insiste sull’unità delle forze a sinistra
“Fino a qualche settimana fa l’Abruzzo era dato per perso senza discussioni, il presidente uscente di Fratelli d’Italia partiva con un vantaggio di 20 punti nei sondaggi. E invece unendo le nostre forze attorno a una visione comune abbiamo riaperto la partita e ridotto quello scarto in modo significativo, ma non ancora sufficiente. Questo ci sprona a continuare a batterci con ancora più determinazione per costruire un’alternativa solida in grado di competere con la coalizione delle destre. Continueremo a seminare, sappiamo che sarà un lavoro di costruzione paziente”, ha detto Elly Schlein.
“Dispiace – spiega il leader di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni – che sia già ripartito il tormentone sulle dimensioni del campo. Argomento cui sono affezionati i media, ma anche qualche segretario di partito, che continua a fare l’altalena sul tema delle alleanze, a seconda di vittorie e sconfitte. Evidentemente non è ancora chiaro, forse, che mentre discettiamo della dimensione del campo gli altri si portano via il pallone”. A insistere per l’unità delle forze in campo è anche Angelo Bonelli.
“L’esperienza abruzzese indica proprio questa strada: non è più il tempo delle divisioni; è essenziale proseguire su questa via unitaria. Le elezioni in Abruzzo evidenziano che uniti si è competitivi ma all’unità è necessario lavorare ad una comune intesa programmatica anche per recuperare il preoccupante voto di astensione”, ha detto il co-portavoce nazionale di Europa Verde. “L’esperienza del campo largo è stata straordinaria per Abruzzo perché ha consentito di condividere un programma davvero straordinario. Auspico che possa essere riproposto in altri contesti. Al di là del risultato elettorale, trovo l’esperimento del campo largo davvero straordinario”, ha detto D’Amico.
L’apporto di Calenda e Renzi oltre che irrilevante è stato controproducente. Serve il campo giusto non quello largo
Non la pensa così Calenda. “Tralascio ogni commento relativo ai fantomatici campi larghi – dice il leader di Azione – che non esistevano prima e non sarebbero esistiti neppure nel caso di una vittoria in Abruzzo”. E c’è chi, a sinistra, sostiene che l’apporto dei centristi forse oltre ad essere stato irrilevante sia stato anche controproducente. Alle porte ci sono le elezioni in Basilicata, ad aprile, e in Piemonte a giugno. E per finire l’Umbria chiamata al voto in autunno. In tutte e tre le regioni ancora il centrosinistra non ha trovato un candidato unitario. E il Movimento Cinque Stelle adesso frena.
“Il risultato elettorale delle regionali in Abruzzo dimostra ancora una volta che per vincere anche in Umbria la strada è sicuramente quella del ‘campo giusto’ e non quella del cosiddetto ‘campo larghissimo’. Ciò che stiamo facendo va proprio in questa direzione, ovvero cercare di costruire dal basso un progetto solido e credibile, tenendo conto degli elementi positivi che sono emersi dal voto in Sardegna come anche delle criticità di quello in Abruzzo”, ha detto Thomas De Luca, coordinatore del M5S in Umbria.