Sono 12 gli arresti effettuati questa mattina dalla questura di Torino e dai carabinieri di Cuneo, al termine di un’indagine iniziata nel 2016 e coordinata dalla procura di Torino che ha portato alla scoperta della prima “locale” di ‘ndrangheta in provincia di Cuneo, a Bra nel dettaglio. Associazione mafiosa e traffico di droga le accuse. Quattro misure cautelari sono ai domiciliari e otto in carcere, cui va aggiunta una ventina di indagati. Tra questi ultimi anche tre carabinieri, di cui uno in pensione e uno già oggetto di procedimenti disciplinari, due agenti di polizia penitenziaria e un funzionario pubblico.
Al vertice dell’organizzazione i fratelli Salvatore e Vincenzo Luppino, appartenenti a una famiglia originaria di Sant’Eufemia d’Aspromonte in provincia di Reggio Calabria. A disvelare l’organizzazione, ignota fino al momento, le dichiarazioni di Domenico Agresta, detenuto nel carcere di Saluzzo per l’omicidio di Giuseppe Trapasso nel 2008. Salvatore Luppino era già stato arrestato nel 2003 in una recedente operazione di ‘ndrangheta che portoò alla luce un traffico di stupefacenti dalla Calabria a Bra, passando per Torino.
Proprio la droga era anche il “core business” dell’organizzazione scoperta in questi mesi, che era in collegamento con la ‘drina degli Alvaro a Sinopoli, e che Luppino gestiva dal carcere di Saluzzo. Questo grazie a rapporti con due carabinieri operanti a Bra, indagati per favoreggiamento personale rivelazione di segreti d’ufficio, oltre a un altro militare dell’arma operativo a Villa San Giovanni, indagato per essere entrato nei sistemi informatici riservati, e per aver poi informato i Luppino di quanto scopriva.
Luppino inoltre aveva alleati anche nella casa circondariale, due caschi blu gli fornivano quanto gli serviva. Luppino, inoltre, vantando possibili influenze nelle elezioni, voleva accedere a un lavoro presso l’amministrazione del comune di Bra, per poi poter accedere a misure alternative alla carcerazione. I Luppino erano in grado di ottenere posti di accesso riservati durante la manifestazione “Cheese” di Slow Food, che è estranea ai fatti.
In ultimo, anche un avvocato risulta indagato, che in cambio di un prestito di denaro faceva da corriere con il carcere, e da collegamento con esponenti di spicco della ‘ndrangheta. Facevano parte della congerie, anche Francesco De Lorenzo residente a Nichelino, hinterland torinese, e tre appartenenti alla famiglia Provenzano, tutti arrestati e in attesa di conferma della misura detentiva dopo l’interrogatorio del Gip.