Scrivere d’arte mentre civili e soldati ucraini muoiono sotto i bombardamenti russi può apparire del tutto fuori contesto, se non addirittura irrispettoso verso chi lotta per salvare, assieme alla propria, le vite altrui. Eppure la resistenza guidata da Zelensky ci racconta di come la lotta che vede l’aggredito reagire, non sia mai mera battaglia per la sopravvivenza, ma contiene in sé come colonna portante l’orgogliosa difesa della propria storia, di un’identità unica e irripetibile che non può essere cancellata né replicata in modo posticcio.
L’arte non può dunque essere considerata un mero orpello, o un semplice “intrattenimento per signore” per dirla con Kant. Il patrimonio artistico-culturale definisce chi siamo, veicolando attraverso il principio dell’universalità e nella concreta diversità dei vari mezzi espressivi, raccontandolo al mondo.
Così in queste ore gioiamo della decisione dell’Hermitage, museo nazionale russo guidato da Mikhnail Potrovsky, di aver prorogato il prestito di alcune opere al nostro Paese – entrato nella blacklist putiniana dopo la sottoscrizione dei vari pacchetti di sanzioni – senza renderci conto che si tratta di una conquista effimera, una proroga i cui termini non sono stati nemmeno fissati. Potrebbe trattarsi di qualche settimana, o poco più. Mentre dunque la Russia vuole far saltare con le sue misure ritorsive l’invisibile ma solido ponte della cultura, il popolo ucraino lavora non solo per proteggerlo, ma per rinsaldato.
Al il MAXXI la mostra “Ukraine: Short Stories. Contemporary artists from Ukraine”
Un emozionante mostra allestita in questi giorni al Cam (Contemporary Art Museum) di Casoria racconta attraverso le testimonianze fotografiche di opere provenienti dai bunker ucraini il dolore della guerra che non riesce a soffocare il bisogno di libertà espressiva. Così anche il MAXXI, che ospita “Ukraine: Short Stories. Contemporary artists from Ukraine” (qui l’approfondimento) una mostra in cui sono esposte le 140 opere realizzate per la “Imago Mundi Collection” e che narra una grande voglia di Europa.
È evidente come queste encomiabili iniziative per essere davvero efficaci debbano essere iscritte in un percorso più ampio e articolato, discusso e ratificato dall’Unione europea. Non basta la pur giusta dichiarazione di intenti del nostro ministro dei Beni culturali Dario Franceschini: dobbiamo essere all’altezza del compito che la storia ci ha assegnato, cogliendo innanzitutto l’opportunità costituita dalla presidenza italiana del Consiglio d’Europa nella riunione fissata per il primo Aprile prossimo alla presenza di tutti i ministri della cultura europea.
Impotenti nel proteggere gli spazi architettonici dell’Ucraina, che vanta ben sette siti riconosciuti patrimonio mondiale dell’Unesco (tra questi la cattedrale di Santa Sofia a Kiev), dobbiamo difenderla a partire dalle sue opere e i suoi artisti. Così come dobbiamo allontanare lo spettro di una illogica discriminazione culturale del fecondo mondo russo, ricordando che la cultura ha il dovere di abbattere le barriere anziché ergerle e che i russi non sono tutti aggressori filo-putiniani ma, a loro volta, vittime non sempre consapevoli di un dispotico autocrate che ne uccide le libertà.
Mettiamo in campo anche noi la nostra resistenza con i pochi ma importanti strumenti di cui disponiamo, non lasciamoci vincere dal senso di impotenza e lottiamo per tutelare i principi democratici anche attraverso l’arte. E allora, così come sosteniamo gli artisti ucraini facciamolo anche con quelli russi riconoscendo il coraggio della dissidenza in una terra in cui si paga con la reclusione e le vessazioni più atroci la propria libertà. A partire da quella di dissentire.