Icona mondiale per le sue famose ed eclettiche mescolanze afro-latine-blues e rock, Carlos Santana si prende ancora una volta il centro della scena musicale in Italia con l’atteso docufilm in programma per soli tre giorni nelle nostre sale cinematografiche, dal 25 al 27 settembre prossimo. Padre del rock latino, 76 anni, il leggendario chitarrista messicano si porta dietro una storia partita da lontano.
Nei nostri cinema, solo per tre giorni, dal 25 al 27 settembre, arriva l’atteso docufilm su Carlos Santana
Basti pensare che l’abbreviazione comune, “Santana”, era in realtà il nome della band formata nel 1966 a San Francisco, di cui hanno fatto parte negli anni più di sessanta musicisti. L’artista si è recentemente scusato per alcune frasi transfobiche durante un recente live in New Jersey. “Mi scuso sinceramente con la comunità transgender e tutti coloro che ho offeso”, ha detto riferendosi ad una sua frase infelice: “l’uomo è uomo, la donna è donna, biologicamente parlando”.
Il documentario “Carlos, il viaggio di Santana”, diretto dal regista Rudy Valdez, ripercorre tra palcoscenico e realtà la parabola artistica ed umana del grande chitarrista, partita dalla piccola città di Autlàn de Navarro, in Messico e coronata da preziose collaborazioni mondiali di assoluto prestigio. Santana, d’altra parte, è stato un vero maestro dei linguaggi trasversali: la sua musica attraversa ed abbevera serbatoi artistici tra i più disparati.
Grazie alle sue contaminazioni e mescolanze tra salsa, rock, jazz e blues e ai suoi sensuali e celebri “assoli di chitarra”, (ricordiamo quello di Woodstock nel 1969 all’interno del brano Soul Sacrifice) è divenuto nel corso dei decenni un punto di riferimento assoluto, un archetipo per ogni appassionato di musica e di strumenti musicali. Un fulcro nevralgico per chi vive di musica, trasformando in poesia anche la vita più dura.
Le origini, i linguaggi musicali, gli errori. Il leggendario chitarrista si racconta
L’idea fluida del mondo appartiene a Santana. Figlio e nipote d’arte, anche il nonno paterno Antonino Santana suonava il corno francese nella banda del suo comune messicano di nascita. Da qui parte un modo di approcciare la musica e di suonare esploso nel 1999 nell’album Supernatural: tre dischi di platino e 25 milioni di copie vendute, in grado di avvicinare anche giovani e giovanissimi alla musica “colta” di ieri, al pensiero filosofico dell’artista ed al suo modo di intendere i linguaggi artistici.
Il film, presentato in anteprima al Tribeca Festival di New York e prodotto da Sara Bernestein, Justin Wilkes e Lizz Morhaim, contiene numerose interviste all’iconico protagonista ed alla sua famiglia. Tra filmati inediti, interviste, concerti, immagini d’archivio, scene di backstage, spezzoni di vita privata, ripercorre una vita straordinaria tra pubblico e privato, un percorso artistico eccezionale ed un prezioso contributo anche alla musica di oggi verso i giovani artisti.