Diceva Napoleone: “Non voglio generali bravi, ma generali fortunati”. E in effetti la fortuna può stravolgere ogni cosa, al di là dei meriti e degli errori di ciascuno. Guardiamo i risultati economici degli ultimi governi del Pd, riusciti a far crescere il Pil, cioè la ricchezza prodotta nel Paese, fino alla minuscola vetta dell’1,5% con Renzi e Gentiloni. Per vedere dove ci porteranno le politiche dell’attuale Governo ovviamente c’è da attendere, ma un primo parzialissimo dato ce l’ha fornito ieri l’Istat, segnalando che nel terzo trimestre del 2018 l’economia italiana si è fermata, interrompendo la salita del +0,3% nel primo trimestre e del +0,2% nel secondo. La crescita “zero” nel terzo trimestre è la più bassa dalla fine del 2014 e riduce la crescita tendenziale di quest’anno dall’1,2% all’ancor più modesto 0,8%. Dunque l’attuale Governo sta sbagliando tutto? Niente affatto ed è molto facile capire il perché.
I governi della scorsa legislatura arrivavano sull’onda della reazione europea alla crisi finanziaria nata negli Usa con il tracollo della banca Lehman Brothers. Crisi poi arrivata nel nostro continente ed estesa dal troppo debito delle banche private al troppo debito degli Stati sovrani. Washington rispose a quel disastro stampando moltissima moneta e immettendo così nel sistema finanziario un’enorme liquidità. Gli americani corsero un pericolo, e cioè di creare una bolla, facendo crollare il valore di tutta quella carta a forma di dollaro, ma non andò in questo modo.
Arrivarono infatti i cinesi a comprare a man bassa il loro debito pubblico, e così gli States sono ripartiti più forti di prima, tanto con Obama che adesso con Trump, riuscito a dare persino più forza alle imprese a stelle e strisce grazie a una politica fiscale di grande favore per chi produce.
In Europa fino al 2014 si era fatto invece l’esatto opposto di quanto accadeva oltre oceano, tenendo i tassi alti come chiedeva la Germania e imponendo agli Stati le politiche economiche di austerità che hanno rischiato di far saltare l’euro. Solo quando fu chiaro a tutti che Berlino stava facendo schiantare l’Ue, il presidente della Banca centrale Mario Draghi poté utilizzare la stessa identica ricetta che aveva salvato gli Stati Uniti, immettendo nel sistema finanziario centinaia di miliardi di euro. Era in gergo tecnico il quantitative easing, grazie al quale lo spread tra i titoli del debito pubblico italiano e quelli tedeschi è sceso da oltre 500 punti fino a meno di cento, le banche hanno potuto ricominciare a prestare soldi alle imprese e il Pil è salito in tutta Europa.
RIFORME AL PALO – È stato dunque grazie a fattori esterni all’Italia che anche il nostro di Pil è cresciuto, purtroppo molto meno rispetto a quanto accadeva in altri Paesi nostri competitor, riusciti a far volare anche l’occupazione per effetto di riforme più efficaci e coraggiose del nostro Jobs Act, giusto per fare un esempio. I governi Pd, dunque, assolutamente demeritando per quanto poco hanno fatto, si sono presi fortunosamente il vento della crescita economica. Visto che l’Europa non ha i cinesi o i marziani disposti a comprarsi tutti i miliardi stampati dalla Bce, questa gigantesca immissione di liquidità a un certo punto doveva finire e come annunciato da tempo la Banca centrale alla fine di quest’anno non comprerà più titoli di Stato e finanziari. Un motivo più che sufficiente a far risalire lo spread, sul quale incidono anche le incertezze per la bocciatura della Manovra economica del Governo da parte di Bruxelles. Così adesso tutto il quadro delle imprese rallenta e di conseguenza la produzione industriale. È dunque colpa del Governo se finiscono gli aiuti esterni di cui hanno goduto dal 2015 gli esecutivi precedenti? Ovviamente no, e chi fa paragoni senza specificare tutto quello che si è appena ricordato, mente sapendo di mentire.
Il premier Conte e i suoi ministri avevano però chiaro che si stava arrivando dove siamo adesso e per questo hanno impostato una Manovra di tipo espansivo, sollecitando i consumi con il Reddito di cittadinanza, la produzione e gli investimenti con la Flat tax e la Pace fiscale. Può bastare tutto questo a sovvertire la condizione decisamente sfavorevole nella quale sta lavorando il Governo gialloverde? Ieri il Presidente del Consiglio da Nuova Delhi ha promesso che si andrà avanti con la Manovra bocciata dalla Commissione Ue, senza la quale si tornerebbe in effetti ai film già visti, con lo Stato che mette le mani nelle tasche degli italiani, il taglio di servizi pubblici essenziali, meno soldi da spendere per i consumi e la rinuncia all’equità sociale sacrificata dalla legge Fornero.
Per tutti questi motivi diventa incomprensibile, specie agli elettori di Sinistra, il motivo per cui il Pd attacca il Governo per convincerlo a sottostare ai micidiali vincoli pretesi da Bruxelles. Per non darla vinta a Salvini e Di Maio, insomma, si pretende di metterci tutti dalla parte di Juncker e Moscovici, signori che si è visto come hanno ridotto la Grecia con la loro politica dell’austerità. In ogni caso è stato lo stesso leader M5S a ricordare a Renzi che il risultato del 2018 dipende dalla Manovra varata nel 2017 dal Pd. E non è questa l’unica amnesia. Per l’ex commissario alla mai fatta spending rewiev Carlo Cottarelli, ora è più difficile raggiungere il +1,5% del Pil nel 2019. Ma di questo si bubitava già prima del Governo Conte, pur utilizzando le ricette scadute che ancora oggi sempre la stessa compagnia cantante – compresa la Confindustria – ci vuole far passare per buone.