Agosto 2013. Centinaia di manifestanti scendono in piazza. Il regime egiziano decide deliberatamente di non avere pietà di loro. Trucidati, feriti, torturati, uccisi. Una barbarie che tutti – enti sovranazionali, Stati, comunità, organizzazioni – denunciarono prontamente. Mai più simili immagini. Specie se, più o meno direttamente, ci sono delle responsabilità scomode, che puzzano e che odorano di colpevolezza. Ecco perché, poco dopo quella repressione di piazza, l’Unione europea, con le immagini ancora fresche di giovani manifestanti a terra picchiati, decise di vietare la vendita e il trasferimento di armi all’Egitto. Tutto, come detto, per evitare di rendersi complice colpevole di un’ondata di uccisioni illegali, sparizioni forzate e torture.
Sono passati tre anni da allora. E poco, molto poco è cambiato al Cairo. Ne siamo stati diretti protagonisti, con la storia surreale e tragica al tempo stesso, fatta più di silenzi e ombre che di voci e luci, che ha visto il corpo di Giulio Regeni trucidato, martoriato, torturato. Eppure, nonostante tutto, nonostante un divieto imposto dall’Unione europea, l’Unione europea tutta preferisce chiudere entrambi gli occhi e continuare a vendere ai carnefici. A dirlo, senza mezzi termini, è Amnesty International nel suo ultimo rapporto: 12 Stati dell’Eurozona su 28 totali (poco meno della metà, dunque) sono rimasti tra i principali fornitori di armi ed equipaggiamento di polizia all’Egitto. “Quasi tre anni dopo il massacro che spinse l’Unione europea a chiedere agli stati membri di sospendere i trasferimenti di armi all’Egitto, la situazione dei diritti umani nel paese è peggiorata”, ha dichiarato non a caso Magdalena Mughrabi, vicedirettrice ad interim del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. “La repressione interna da parte delle forze di sicurezza resta elevata e praticamente nessuno è chiamato a risponderne. L’uso eccessivo della forza, gli arresti arbitrari di massa, la tortura e le sparizioni forzate fanno ormai parte del modus operandi delle forze di sicurezza”, ha proseguito Mughrabi.
CONTI ARMATI – Inevitabilmente, gli Stati che forniscono armi sono diretti responsabili di sevizie e sparizioni. Solo nel 2014, gli Stati dell’Unione europea hanno emesso 290 autorizzazioni all’esportazione di forniture militari all’Egitto, per un valore di oltre sei miliardi di euro, tra cui piccole armi, armi leggere e relative munizioni, veicoli blindati, elicotteri, armi pesanti per operazioni anti-terrorismo e tecnologia per la sorveglianza. Ma chi troviamo tra i principali fornitori? Bulgaria, Cipro, Francia, Germania, Italia, Polonia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Spagna e Ungheria.
Non solo. Secondo l’ong Privacy International, aziende di vari Paesi europei tra cui Germania, Italia e Regno Unito hanno inviato all’Egitto tecnologia e strumentazioni sofisticate per svolgere attività di sorveglianza.
Ma andiamo a vedere, a questo punto, alcuni esempi di Stati fornitori di cui parla Amnesty. LaBulgaria nel 2014 ha emesso 59 autorizzazioni per un valore di 51.643.626 euro, 11 milioni dei quali relativi a piccole armi, armi leggere e relative munizioni. Nel dettaglio, sono stati esportati 10.500 fucili d’assalto, 300 mitragliatrici e 21 fucili automatici. Le cose non sono diverse per quanto riguarda la Francia: nel 2014 ha emesso autorizzazioni per un valore di oltre 100 milioni di euro riguardanti “bombe, siluri, missili e altri ordigni esplosivi”, e “veicoli terrestri e relative componenti”, tra cui 100 camion Sherpa, che vengono pubblicizzati come veicoli per le forze di sicurezza.
IL NOSTRO PAESE – Infine, ecco l’Italia. Secondo il diciassettesimo rapporto annuale dell’Unione Europea, ricorda Amnesty, nel 2014 l’Italia ha emesso 21 autorizzazioni per un valore di 33,9 milioni di euro di attrezzature militari verso l’Egitto, di cui oltre 15 milioni di euro di armi leggere. Nel 2015, l’Italia ha inviato in Egitto 3.661 fucili e accessori per un valore di oltre 4 milioni di euro; 66 pistole o rivoltelle del valore di 26.520 euro insieme a 965.557 euro di parti ed accessori per pistole e rivoltelle. Nel 2016, l’Italia ha già registrato l’esportazione di 73.391 euro di esportazioni di pistole e rivoltelle all’Egitto. Secondo Privacy International, l’azienda italiana Hacking team ha fornito ai servizi segreti egiziani sofisticate tecnologie di sorveglianza. L’azienda ha dichiarato che il trasferimento è stato autorizzato dal governo italiano.
Ma, d’altronde, tutto questo non stupisce. Secondo l’ultimo rapporto governativo, come già denunciato dal nostro giornale, le autorizzazioni all’esportazione di armi al Cairo sono passate da un valore di 31,7 milioni nel 2014 a 37,6 nello scorso anno. Insomma, orecchie da mercante. Perché è questo che gli Stati e la politica sono: mercanti. Immorali. E, spesso, incivili.
REGENI DIMENTICATO – Intanto di Giulio Regeni nemmeno si parla più. Ed è meglio non vederlo proprio. Come racconta proprio oggi Carlo Bonini su La Repubblica, è un fatto che, sul sito istituzionale del Ministero degli Esteri, nella lunga, dettagliata e aggiornatissima “scheda Paese” dedicata all’Egitto con cui la Farnesina avvisa i cittadini dei rischi legati al viaggio (si riferisce da ultimo della catastrofe dell’Airbus Egyptair), ci sia una sola circostanza omessa. Il sequestro e la morte di Giulio Regeni.
Tw: @CarmineGazzanni