di Alessandro Ciancio
Una dozzina di giacche firmate da Armani solo per lei. Con tanto di biglietto nel quale si auspicava che Emma Bonino potesse fare da testimonial del made in Italy nel mondo. Chissà che faccia avrà fatto il ministro degli esteri nel vedere tutto quel bendidio sotto i suoi occhi. Già, perché il regalo fattole arrivare direttamente da Giorgio Armani deve aver sollevato più di qualche dubbio: lo accetto o non lo accetto? Anche perché si dà il caso che la Bonino sia da anni amica dello stilista, così come di altri alfieri della moda italiana nel mondo. Insomma, magari non sarebbe nemmeno stata la prima volta di un capo di abbigiliamento di Armani indossato dalla leader dei Radicali. Stavolta, però, per questioni di opportunità la Bonino ha deciso di tirarsi indietro. Come confermano a La Notizia dallo staff dello stilista, il ministro degli esteri ha rispedito al mittente il consistente cadeau, rifugiandosi dietro un granitico non possumus.
E re Giorgio come l’ha presa? Qui viene il bello. Lo stilista, infatti, aveva approfittato nei giorni scorsi di “Eccentrico”, la mostra a lui dedicata al palazzo della civilità italiana a Roma. Già che c’era ha deciso di far recapitare le giacche alla Bonino con un biglietto il cui contenuto era più o meno questo: nella speranza che tu possa promuovere il made in Italy all’estero. Il ministro, però, pare non averci pensato molto. E dopo qualche giorno l’entourage ha avvisato Armani della posta rientrata.
A quel punto, in base a quanto filtra, non sembra che re Giorgio abbia gradito molto, almeno come prima reazione. Successivamente, però, avrebbe digerito il “gran rifiuto” fino ad apprezzare il gesto sobrio della Bonino. O forse ha voluto così giustificare l’amica di vecchia data. C’è chi ha raccontato, nei giorni scorsi, che anche se avesse voluto la Bonino non avrebbe potuto tenere per sé regali così costosi, viste le rigide prescrizioni in materia.
In realtà non è così, perché il codice di comportamento per i dipendenti pubblici, approvato su iniziativa dell’allora ministro Filippo Patroni Griffi (dpr n.62 del 16 aprile 2013), non si applica ai ministri, che non sono considerati dipendenti pubblici. Il codice dice che il dipendente pubblico non può accettare regali o altre utilità salvo quelli di modico valore.
Se accettati, i regali che abbiano un valore superiore ai 150 euro devono essere subito messi a disposizione dell’amministrazione per la restituzione. Ma in questa circostanza non ce ne è stato bisogno.