Sembra ormai finita la luna di miele tra il presidente Javier Milei e i lavoratori dell’Argentina. In concomitanza con il terzo sciopero nazionale, indetto dalla Confederazione Generale del Lavoro (CGT) per contestare le misure di austerità del leader ultraconservatore, a Buenos Aires si sono registrate ore di tensione.
Secondo quanto si apprende, la piazza antistante il Congresso argentino è stata blindata con recinzioni e da numerosi agenti in tenuta antisommossa, per timore di possibili disordini. L’iniziativa, organizzata dalla principale sigla sindacale del Paese, ha previsto un’astensione dal lavoro di 24 ore, finalizzata a rivendicare diverse istanze: tra queste, il ripristino delle “trattative libere” per il rinnovo dei contratti, senza il limite dell’1% mensile imposto dal governo agli aumenti salariali, e la richiesta di un aumento delle pensioni.
Argentina, terzo sciopero generale contro Milei: la piazza si ribella all’austerità
Inoltre, con questo sciopero i lavoratori chiedono anche una ripresa degli investimenti nelle opere pubbliche, considerate una leva fondamentale per il rilancio economico e il contrasto all’inflazione. Tutte ragioni per le quali i manifestanti inferociti hanno già fatto sapere che se il presidente Milei non si piegherà, allora non si possono escludere ulteriori iniziative sindacali.
E queste, secondo quanto trapela, non tarderanno ad essere annunciate. Infatti il leader dell’Argentina, noto per la sua vicinanza al leader degli Usa Donald Trump, non sembra affatto deciso a dare seguito alle richieste dei lavoratori. Questo perché, stando a quanto continua a ripetere il leader di Buenos Aires, i mercati stanno premiando le sue politiche di austerità, facendo segnare una “nuova età dell’oro” per il Paese Sud Americano dopo decenni di crisi economica.