“ArcelorMittal sta giocando con la vita di 15.000 lavoratori italiani. Ora è chiaro quanto si sospettava già da tempo: la holding franco indiana ha affittato Ilva non per rilanciarla e bonificarla, come voleva far credere, ma per accompagnarla verso una morte lenta e dolorosa. L’obiettivo di Mittal è sempre stato togliere di mezzo un concorrente temibile dal mercato dell’acciaio”. E’ quanto scrive il Movimento Cinque Stelle sul suo Blog a proposito della crisi dell’ex Ilva di Taranto.
“Lo confermano le dichiarazioni ufficiali di questi giorni – aggiungono dal M5S – , con le quali i massimi dirigenti di Mittal si dicono indisponibili ad onorare il contratto anche se lo scudo penale venisse ripristinato. L’altra scusa è che i giudici potrebbero sempre interrompere la produzione. La verità è che questa multinazionale non ha nessuna intenzione d’investire in un piano industriale serio. Come se avessero fatto e vinto una gara ad evidenza pubblica senza nemmeno conoscere la storia dello stabilimento e le condizioni interne dei macchinari”.
“Non siamo solo noi a dirlo – scrive ancora il Blog delle Stelle -, ma anche il documento redatto nel novembre 2017 dalla gestione commissariale di Ilva, cioè dal Governo italiano al tempo guidato da Gentiloni. In quel report, sintetizzato oggi dal Fatto Quotidiano, i tecnici dei tre commissari di Ilva rilevavano serie incongruenze tra le parole di Mittal, che prometteva il rilancio in grande stile dell’acciaieria, e il piano industriale effettivamente presentato. Gli investimenti previsti erano del tutto insufficienti a ricostruire l’Altoforno 2, a riavviare l’Altoforno 5 e ad occuparsi dell’Altoforno 1″.
“Era del tutto fuori luogo promettere la produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio entro qualche anno – scrive ancora il M5S – a fronte di un piano industriale per nulla rivoluzionario, che già al suo interno incorporava migliaia di esuberi tra i lavoratori. Nonostante questo, e con un’altra offerta sul tavolo da parte di un consorzio in cui figurava anche Cassa Depositi e Prestiti (cioè lo Stato), l’allora Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, lasciò Ilva nelle mani della multinazionale franco-indiana”.
“Oggi Mittal – conclude il Movimento – va a piangere lacrime di coccodrillo sulla spalla del Governo Conte, giustificando la sua volontà di risolvere il contratto di affitto con il mancato raggiungimento delle 6 milioni di tonnellate sperate. Ma il risultato era scontato, e non è certo dovuto alle difficoltà che sta incontrando il mercato dell’acciaio. Il motivo principale è che Ilva funziona a mezzo servizio, con i soli Altoforni 1, 2 e 4 parzialmente attivi. Se non si adeguano gli impianti andrà sempre peggio, anche dal lato ambientale, importante almeno quanto quello produttivo e occupazionale. L’atteggiamento di Mittal è indecoroso e non può che trovare la ferma opposizione del Governo italiano. Il MoVimento 5 Stelle su questo non transige”.
Intanto, dopo il vertice di ieri a Palazzo Chigi, il premier Giuseppe Conte è salito questa mattina al Quirinale per un colloquio con il presidente Sergio Mattarella per riferire suoi colloqui di ieri con la proprietà ArcelorMittal e delle misure che possono essere messe in atto per trovare una soluzione alla crisi aziendale. Le organizzazioni sindacali nazionali di Fim, Fiom e Uilm hanno dichiarato, invece, “intollerabile quanto emerso dall’incontro di ieri tra il presidente del Consiglio e i vertici di ArcelorMittal, programmato per chiedere il ritiro della procedura di disimpegno dagli stabilimenti dell’ex Ilva annunciata il 4 novembre. La multinazionale ha posto delle condizioni provocatorie e inaccettabili e le più gravi riguardano la modifica del Piano ambientale, il ridimensionamento produttivo a quattro milioni di tonnellate e la richiesta di licenziamento di 5mila lavoratori, oltre alla messa in discussione del ritorno a lavoro dei 2mila attualmente in Amministrazione straordinaria”.
Fim Fiom e Uilm considerano le prossime ore decisive per il futuro di migliaia di lavoratori. “L’incontro di oggi tra il presidente del Consiglio Conte e le organizzazioni sindacali – aggiungono – , con la presenza dei segretari generali di Cgil Cisl e Uil, rappresenta un’occasione importante per impegnare il Governo ad assumere atti forti e inequivocabili in difesa del futuro del polo siderurgico più importante d’Europa”. Per questo i sindacati hanno proclamano 24 ore di sciopero per l’intero Gruppo ArcelorMittal ex Ilva a partire dalle ore 7 di venerdì 8 novembre, già programmato per il sito di Taranto.
“In tutti gli altri stabilimenti – scrivono ancora le organizzazioni sindacali -, le segreterie territoriali definiranno le modalità di mobilitazione. Inoltre, Fim, Fiom e Uilm chiedono all’azienda l’immediato ritiro della procedura e al governo di non concedere nessun alibi alla stessa per disimpegnarsi, ripristinando tutte le condizioni in cui si è firmato l’accordo del 6 settembre 2018 che garantirebbe la possibilità di portare a termine il piano ambientale nelle scadenze previste”.
“Le condizioni – concludono Fim, Fiom e Uilm – devono, inoltre, includere lo scudo penale limitato all’applicazione del Piano ambientale e il ritiro di qualsiasi ipotesi di esuberi. I sindacati ritengono l’accordo come unica strada per garantire il risanamento ambientale e il rilancio dell’intero gruppo ex Ilva. Non è possibile, a un anno dalla firma, ritornare a discutere di quanto già affrontato negli ultimi 7 anni. Dobbiamo scongiurare che a pagare il prezzo delle scelte scellerate di azienda e politica siano sempre i lavoratori. Dobbiamo evitare lo spettro dell’ulteriore cassa integrazione e chiediamo con forza il risanamento ambientale e la salvaguardia occupazionale”.