Dopo 16 giorni di dibattito in aula e 116 ore di interventi, in cui non sono mancati momenti di tensione, il Pirellone con 48 voti favorevoli e 26 contrari ha approvato la Riforma sanitaria (leggi l’articolo) voluta dal presidente della Giunta, il leghista Attilio Fontana, e dalla sua vice e assessore al Welfare Letizia Moratti. Con la revisione della legge sperimentale introdotta dall’allora governatore Roberto Maroni nel 2015, per la maggioranza si è raggiunto un traguardo importante che permetterà di implementare la medicina territoriale.
Di parere opposto i rappresentanti in Consiglio regionale di Pd, M5S, Azione e Lombardi civici europeisti per i quali invece la nuova organizzazione sanitaria non risolve il rapporto squilibrato tra pubblico e privato: l’articolo 1 della riforma stabilisce infatti “equivalenza e integrazione dell’offerta sanitaria e socio sanitaria delle strutture pubbliche e delle strutture private accreditate” e, “in un’ottica di trasparenza”, “parità di diritti e di doveri tra soggetti pubblici e privati che operano all’interno del Servizio sanitario locale”. Un bell’aiutino ai privati, insomma.
NESSUN CONFRONTO. I gruppi di minoranza rimarcano inoltre come – al netto delle contrarietà su molti dei singoli punti della riforma – da parte dei partiti di centrodestra non ci sia stata nessuna volontà seria di confrontarsi e di valutare le loro proposte, appiattendosi sul testo e le indicazioni della Giunta regionale. Critiche molto dure dal capogruppo dem Fabio Pizzul: “A una legge che aumenta la confusione e non risolve i problemi ormai cronici di una macchina sanitaria troppo ingarbugliata e farraginosa, dimenticandosi dei problemi reali dei cittadini lombardi e distruggendo una storica cultura della cura autenticamente lombarda, il Pd non può che votare contro”, ha dichiarato, sottolineando come in questi anni chi ha governato la regione si sia reso protagonista di una separazione “fra ospedale e territorio, medici di medicina generale e sistema sanitario, pubblico e privato, enti locali e strutture sanitarie, cittadini che hanno risorse e cittadini che non le hanno, territori ricchi e territori poveri (anche in sanità)”.
Sulla stessa linea i pentastellati, che lunedì si sono resi protagonisti di un’occupazione del Pirellone per protestare contro il taglio di circa mille emendamenti e che hanno lasciato l’Aula ieri in mattinata al momento del voto degli ordini del giorno. “Un conto è parlare ad un’Aula semivuota, un altro è confrontarsi. Visto che non condividiamo questa riforma né nel metodo né nel merito e non vedendo via d’uscita, il M5S non parteciperà al voto di oggi (ieri, ndr) e si riserva di partecipare alle dichiarazioni di voto e al voto finale per ribadire il nostro no alla (non) riforma Moratti-Fontana”, ha annunciato il capogruppo del Movimento al Consiglio regionale della Lombardia Massimo De Rosa, prima di abbandonare i lavori dopo che il relatore Emanuele Monti della Lega ha comunicato che non sarebbero stati presi in considerazione gli ordini del giorno dell’opposizione di carattere territoriale. “Non c’è più dialogo da portare avanti, riteniamo inutile partecipare ai lavori su di un testo arrivato in Aula blindato e sul quale il Consiglio Regionale non ha di fatto potuto toccare di palla”.