Il proscioglimento ottenuto in sede penale grazie alla prescrizione non ha salvato l’ex generale dei carabinieri ed ex potente capo del Dipartimento di risorse strumentali di Palazzo Chigi, Antonio Ragusa, da una condanna da parte della Corte dei Conti del Lazio. Quell’accusa di tangenti mossa all’ufficiale dal pm romano Paolo Ielo, per cui nel 2014 finì anche ai domiciliari, ha ora portato i giudici contabili a condannarlo a risarcire oltre 100mila euro alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Inutili anche le assoluzioni di alcuni coimputati. Per i magistrati di via Baiamonti il danno da mazzetta c’è stato e quello da disservizio pure.
IL CASO. Indagando su uno dei filoni dell’inchiesta P4 aperta dalla Procura di Napoli e passato per competenza a Roma, il pubblico ministero Ielo cinque anni fa fece degli accertamenti sull’appalto da quattro milioni di euro per l’informatizzazione di Palazzo Chigi, gestito dall’ex generale Ragusa durante l’ultimo Governo di Silvio Berlusconi. Emerse così che il militare, con un passato anche nei servizi segreti e spuntato fuori in numerose intercettazioni su piccole e grandi trame legate alla pubblica amministrazione e alle società partecipate dallo Stato, avrebbe alterato la gara, con “condotte collusive e corruttive”.
In particolare l’appalto era stato assegnato alla Selex spa e alla Italgo spa, ma fatto poi oggetto di una serie di subappalti di cui aveva beneficiato anche la società Tecnatronics del genero di Ragusa, Marco Napoli, costituita otto giorni dopo l’aggiudicazione della gara. Secondo gli inquirenti un regalo per le forzature fatte dall’ex generale a favore dei vincitori. Una mazzetta. Accusato di corruzione e turbativa d’asta, l’ufficiale venne condannato dal Tribunale di Roma, ma lo scorso anno ha incassato il proscioglimento dalla Corte d’Appello, per prescrizione. Una sentenza che non ha fermato la Corte dei Conti.
LA STANGATA. I magistrati contabili hanno contestato all’ex responsabile del Dipartimento risorse strumentali di Palazzo Chigi i danni da disservizio e da tangenti, chiedendo per lui una condanna a risarcire alla Presidenza del Consiglio oltre 300mila euro. E per Ragusa è arrivata ora la condanna. Seppure a risarcire soltanto poco più di centomila euro. I giudici hanno infatti ritenuto non provato che fosse una tangente anche l’assunzione del figlio dell’ex generale, un ingegnere, presso la società Ansaldo Energia. E lo hanno ritenuto colpevole solo sul resto.
Per la Corte dei Conti è evidente l’intento dell’ufficiale, “dolosamente perseguito, di procurare per il proprio congiunto un vantaggio non spettante”. Ancora: “Appare quindi, con tutta evidenza la sussistenza dell’elemento psicologico, necessario a configurare la responsabilità amministrativa”. E l’assoluzione ottenuta dal genero sul fronte penale? Sempre per i giudici contabili non conta, trattandosi di un’assoluzione per insufficienza di prove.