Si è detto e scritto dell’interrogazione dei parlamentari di Fratelli d’Italia in commissione di Vigilanza Rai con cui accusano la trasmissione Report, condotta da Sigfrido Ranucci, di utilizzare un “metodo” che si avvarrebbe di sospetti e di testimoni poco credibili per insinuare. Leggendo l’interrogazione a prima firma del deputato Francesco Filini sorge il dubbio che il metodo del ribaltamento dei fatti appartenga agli accusatori più che agli accusati.
Per i meloniani l’ex boss Luigi Ilardo non è un teste credibile. Ma i veri bersagli sono Report e Ranucci
Nel quesito firmato dai parlamentari di Fratelli d’Italia del 17 gennaio si punta il dito contro la puntata di Report dell’8 ottobre 2021, in particolare contro il servizio a firma di Giorgio Mottola dal titolo La Russa Dynasty in cui si indaga sui beni e sui rapporti della famiglia dell’attuale presidente del Senato Ignazio Benito Maria La Russa. Nel quesito indicato al presidente della Commissione Vigilanza Rai Barbara Floridia (M5S) e all’amministratore delegato Rai Roberto Sergio i parlamentari di Fratelli d’Italia fanno riferimento ad alcuni collaboratori di giustizia, Michele Senese per la puntata del 14 gennaio 2024 – scrivono gli interroganti – sempre a firma di Giorgio Mottola, dal titolo Mafia a tre teste, il cui obiettivo è quello di mettere in luce i rapporti che intercorrerebbero tra esponenti in vista di Fratelli d’Italia – che attualmente ricoprono incarichi al governo e nelle Istituzioni europee – e le cosche mafiose”.
“Nell’affrontare li tema, tra gli intervistati, compare – scrivono il meloniano Filini e gli altri cofirmatari – il pentito di Camorra Nunzio Perrella, li quale rivela un presunto legame tra Franco Meloni – padre del Presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni – e li boss camorrista Michele Senese, con cui avrebbe avuto un incontro a Nettuno nel 1992. Nondimeno, il pentito intervistato è considerato non attendibile da ben due magistrati, ossia l’ex Procuratore nazionale antimafia di Bologna Roberto Pennisi e l’ex Procuratore capo di Brescia Sandro Raimondi, come svela un documento pubblicato da lI Giornale il 16 gennaio 2024”.
Tra i pentiti che per il partito di maggioranza non sarebbero credibili viene citato anche Luigi Ilardo, ex boss mafioso che iniziò un percorso di collaborazione con lo Stato da “infiltrato”. Nel tempo la “Fonte Oriente” – così veniva chiamato in codice – offrì un contributo fondamentale per l’arresto di vari latitanti mafiosi e al contrasto delle attività criminali.Definire inattendibile Ilardo per il partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni è più che un azzardo. Si tratta tecnicamente di un errore vero e proprio che rientra perfettamente nell’atteggiamento calunnioso che i parlamentari di maggioranza vorrebbero addossare alla trasmissione Report.
Ma andiamo con ordine. Il collaboratore di giustizia Luigi Ilardo – come ricorda il sito Antimafia Duemila – con la sua collaborazione con il colonnello dei carabinieri Michele Riccio (prima applicato alla Dia, poi al Reparto Operativo Speciale dei Carabinieri), riuscì addirittura a condurre i Carabinieri del Ros a un passo dal covo del numero uno di Cosa Nostra al tempo, Bernardo Provenzano, latitante da oltre tre decenni, il quale, però, incredibilmente non venne catturato dai Carabinieri guidati al tempo dall’ex generale dei Carabinieri Mario Mori, che sulla vicenda venne poi assolto dall’accusa di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra insieme al colonnello Mauro Obinu. Il 10 maggio del 1996, poco prima che venisse inserito ufficialmente nel programma protezione testimoni, Luigi Ilardo venne ucciso da Cosa nostra catanese a seguito di una misteriosa “soffiata istituzionale”, come sancito dalla sentenza in cui sono stati condannati i mandanti e gli esecutori mafiosi del suo omicidio (Giuseppe Madonia, Vincenzo Santapaola, Maurizio Zuccaro e Orazio Benedetto Cocimano).
L’attacco a Report di Fratelli d’Italia in un’interrogazione in Vigilanza Rai. Smontato dal colonnello Riccio
Per questo l’ex colonnello Michele Riccio dopo avere letto l’atto d’accusa depositato in Vigilanza si è sentito in obbligo di scrivere ai parlamentari di Fratelli d’Italia per spiegare che nell’indagine Grande Oriente si avvalse “della collaborazione di Luigi Ilardo, elemento di spicco di Cosa nostra, cugino del capo della Famiglia mafiosa di Caltanissetta e sin dai primi anni ’70 endemico nel sodalizio mafioso, che aveva segnalato al dr. De Gennaro la sua disponibilità a qualche forma di collaborazione con le istituzioni. L’indagine – spiega Riccio – fu seguita sin dal suo avvio dal dr. Gian Carlo Caselli, procuratore capo presso il Tribunale di Palermo, a cui poi in seguito si unì il dr. Giovanni Tinebra, responsabile della procura presso il Tribunale di Caltanissetta.
L’indagine, grazie al collaboratore Ilardo, non solo acquisì una notevole e vasta mole di informazioni su Cosa nostra, ma registrò, sfruttando le sue indicazioni, di conseguire la cattura dei latitanti: il 9 maggio 1994 Santo Sfameni, il 5 agosto 1994 Vincenzo Aiello (al tempo vice rappresentante provinciale di Cosa Nostra a Catania) a Mascalucia (CT), il 17 novembre 1994 Giuseppe Nicotra più altri complici trovati in possesso di armi e munizioni a Catania, il 21 dicembre 1994 Domenico Vaccaro (rappresentante provinciale di Cosa Nostra a Caltanissetta) a S. Cataldo (CL), il 13 gennaio 1995 Lucio Tusa (nipote di Piddu Madonia) a Catania; il 25 maggio 1995 Salvatore Fragapane (rappresentante provinciale di Cosa Nostra ad Agrigento) a S. Elisabetta (AG). Ilardo fu anche l’uomo che portò ai pizzino di Bernardo Provenzano. Insomma, Luigi Ilardo fu tutt’altro che inaffidabile. E forse dalle parti di Fratelli d’Italia converrebbe studiare meglio le sentenze per non rischiare di incappare in quel metodo che loro chiamano Report.