“È con misure di welfare comunale e di dialogo sociale, non criminalizzando le persone che un Governo dovrebbe agire di fronte a comportamenti che affondano le proprie radici nella disuguaglianza sociale ed economica”.
Questo in sintesi il pensiero dell’associazione Antigone e dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) sul nuovo ddl sicurezza in discussione in Parlamento (“Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario”).
Secondo le due associazioni il testo presenta un evidente contrasto con troppi principi costituzionali che reggono il nostro ordinamento giuridico, in particolare nel campo del diritto penale, del diritto dell’immigrazione e del diritto penitenziario. “Le nuove disposizioni che il Governo vorrebbe introdurre appaiono, infatti, impostate ad una logica repressiva, securitaria e concentrazionaria: la sicurezza è declinata solo in termini di proibizioni e punizioni, ignorando che è prima di tutto sicurezza sociale, lavorativa, umana e dovrebbe essere finalizzata all’uguaglianza delle persone. Il disegno di legge del Governo strumentalizza, invece, le paure delle persone e contravviene ai doveri di solidarietà di cui all’articolo 2 della Costituzione” dichiarano le associazioni nell’introduzione al documento presentato ai parlamentari delle Commissione Giustizia e Affari Costituzionali della Camera dei Deputati.
Asgi e Antigone denunciano il rischio di scivolare in un “modello autoritario e repressivo”: “il disegno di legge del Governo strumentalizza le paure delle persone”
Per Antigone e Asgi si rischia di scivolare in un “modello autoritario e repressivo nelle nostre comunità colpendo anche con intenti discriminatori, diverse situazioni di marginalità sociale”. Il disegno di legge, presentato da alcuni membri della maggioranza come legge “anti Rom” cancella la possibilità di rinvio della pena per le donne in stato di gravidanza, “norma dall’evidente contenuto simbolico, finalizzata a reprimere un particolare gruppo sociale, connotato sul piano culturale, ossia le donne rom”, secondo le associazioni.
È prevista anche la definizione del nuovo reato di “rivolta carceraria” che – secondo le associazioni – equiparerà le proteste violente con quelle non violente.
Se qualcuno si opporrà in maniera pacifica agli ordini in partiti in un carcere o in un centro di accoglienza o un centro di permanenza per il rimpatrio (CPR), ad esempio rifiutandosi di rientrare in una cella sovraffollata, potrà subire una pena che può arrivare fino ad 8 anni di reclusione, con anche la previsione del 4-bis, un regime particolarmente severo di cancellazione dei benefici penitenziari, pensato inizialmente per i reati di terrorismo e criminalità organizzata.
Per Antigone e Asgi c’è il rischio “di stravolgere il modello penitenziario repubblicano e costituzionale
Antigone e Asgi vedono il rischio “di stravolgere il modello penitenziario repubblicano e costituzionale, ricollegandosi al regolamento fascista del 1931” a causa della “logica repressiva delle lotte sociali che caratterizza il disegno di legge”.
Infine le associazioni osservano che la nuova legge porterebbe alla proliferazione delle “armi nelle strade e, più in generale, nei luoghi pubblici, consentendo a circa 300 mila persone appartenenti alle forze dell’ordine di usare un’altra arma, diversa da quella di servizio, mettendo a rischio la sicurezza delle persone, in una deriva del modello securitario che tenderebbe così ad assomigliare sempre più a quello statunitense”.
La stroncatura è netta: “Non è sicurezza ma disumanità” quindi il testo viene ritenuto di fatto “inemendabile”. “Con questa legge anche Gandhi verrebbe incarcerato”, dice il presidente di Antigone Patrizio Gonnella.