di Elisabetta Villaggio
Non bisognava arrivare fino a Los Angeles per vedere l’arrivismo e la falsità che trionfano. The Canyons con Lindsay Lohan e il porno attore James Deen ieri ha sprofondato il festival di Venezia nelle perversioni e i lati peggiori di una città senza nulla di solare, in uno stile noir dove trionfano i cattivi e che si vuole ispirare ai film di genere anni ’50. Diretto da Paul Schrader, il regista di American Gigolò, il film, che è stato un flop nell’uscita americana, non fa ben sperare neppure sul mercato europeo. E c’è stato da tenere il respiro anche per Joe, di David Gordon Green con Nicolas Cage, un film durissimo ambientato nel Texas più profondo dove la vita umana vale meno di mezza bottiglia del peggior vino e dove un padre alcolizzato è disposto a vendere la propria figlia minorenne per pochi dollari a personaggi senza scrupoli. Il festival veneziano prosegue così con la presentazione di film che raccontano solitudini, angosce e drammi personali irrisolti. Film duri, che lasciano poco spazio all’immaginazione e raccontano di mondi duri, crudeli ed estremi, forse nel tentativo di andare oltre i prodotti televisivi. C’è da chiedersi se in periodi difficili come i nostri è giusto che il cinema, che solitamente riflette la società, non lasci intravedere qualche speranza o qualche via d’uscita a queste ansie cariche di claustrofobia. “Quello di Venezia è il festival più antico del mondo, che però vuole guardare al futuro e per questo mi sono preso i mieti rischi”, si è giustificato il direttore artistico Alberto Barbera. Fatto sta che anche ieri non si è vista traccia di quell’impronta glamour annunciata all’inaugurazione di mercoledì scorso, accesa dai sorrisi e dall’eleganza di George Clooney e Sandra Bullock, alla presentazione di Gravity, film fuori concorso che aveva aperto la 70esima edizione, altro film in cui Alfonso Cuaron, regista messicano premio Oscar per Y tu mama tambien, mette addosso per un’ora e mezza una grandissima ansia. La paura dell’ignoto e il terrore di morire da soli abbandonati da tutto e da tutti nello spazio più profondo sono le basi del film dai grandiosi effetti speciali, resi spettacolari anche grazie al 3D, con immagini bellissime della terra vista dallo spazio con il nostro stivale ben riconoscibile. Giovedì invece era stata la volta del il primo film italiano in concorso: Via Castellana Bandiera di Emma Dante al suo esordio alla regia cinematografica. Altro film duro, ambientato in una Palermo degradata e depressa, pieno di metafore che vuol tirare fuori il mostro che c’è in ognuno di noi, ha raccontato l’autrice che, assieme ad Alba Rohrwacher, è anche l’interprete. Il film che racconta di due automobili bloccate una davanti all’altra in una strada stretta, Via Castellana Bandiera, appunto, e nessuna delle due si vuole spostare per far passare l’altra, è sicuramente originale. Al volante due donne molto diverse, che rappresentano due mondi in antitesi, ma ugualmente caparbie tanto da non voler cedere il passo. Protagonista è anche la stessa strada che da stretta alla fine diventa larga, proprio perché noi non sappiamo più vedere le cose e ci chiudiamo a riccio nel nostro piccolo e ottuso mondo terrorizzati di perdere qualcosa mentre invece – se volessimo – ci sarebbe spazio per tutti.