Per raccontare l’orchestrina del Titanic che suona in queste ore sul cosiddetto Terzo (che poi sarebbe il Sesto) polo bisogna partire dal primo giorno in Senato quando venne eletto presidente Ignazio La Russa: “Non l’abbiamo votato noi, non votiamo un post-fascista. Dovete cercare nel Pd e nel M5S”, disse sdegnato Carlo Calenda. Ieri il leader di Azione ha confessato che quei voti erano del suo compare Matteo Renzi che in cambio chiese un posto in Vigilanza Rai. Lo spessore politico degli attori in campo sta tutto qui, nella capacità di negare l’evidenza con postura da competenti.
Calenda e Renzi litigano su tutto, dalla cassa allo scioglimento dei partiti. Il comitato politico prende tempo ma il destino è segnato
Così in mezzo alle botte che Renzi e Calenda (per interposti sicari) ieri si sono dati per tutto il giorno escono gli inopportuni viaggi del senato fiorentino in Arabia Saudita, il fedelissimo renziano Ernesto Carbone imposto al Csm, la direzione di Renzi de Il Riformista comunicata prima a Giorgia Meloni e solo dopo al suo alleato e il caos dei due galli nel pollaio. In poche ore hanno ammesso tutti i vizi, gli stessi per cui strillavano se qualcuno si permetteva di scriverli. Non male, i competenti. Ma ai due piacerebbe che la loro crisi venisse descritta solo come un’incompatibilità di personalità e di vedute nascondendo il vero motivo della diatriba: i soldi.
I calendiani lo dicono chiaro e tondo: Renzi non vuole rinunciare al suo tesoretto del 2 per mille, il meccanismo di finanziamento volontario ai partiti tramite dichiarazione dei redditi. Calenda ha proposto a Renzi di mettere in comune il 70% dei fondi che arriveranno a dicembre 2023: “Azione e Italia Viva trasferiranno al nuovo partito il 70% delle somme ricevute dal 2×1000 a partire dalla seconda rata del 2023 fino allo scioglimento dei partiti che dovrà avvenire entro il primo trimestre del 2025”, si legge nella road map predisposta da Calenda. Nella quale, per inciso, non c’è la richiesta di “scioglimento preventivo” su cui i deputati di entrambe le parti fingono di litigare.
Bonifazi sbatte in faccia al leader di Azione il milione e rotti di euro spesi per “il volto di Calenda nell’ultima campagna elettorale”
Come spesso accade appena la discussione si sposta sul denaro gli animi non trattengono la verità e così in giornata arriva la stoccata del renzianissimo Bonifazi che sbatte in faccia a Calenda il milione e rotti di euro spesi per “il volto di Calenda nell’ultima campagna elettorale”. Così crolla anche l’ipocrisia della generosità di Renzi nel lasciare la leadership a Calenda: gli ha fatto fare un giro da portavoce del partito e adesso chiede gli interessi. A proposito di “politica della serietà”.
In ballo ci sono anche i 50mila euro per ogni eletto che andrebbero persi nel caso in cui si sciolgano i gruppi alla Camera e al Senato
Anche divorziare costa: in ballo ci sono anche i 50mila euro per ogni eletto che andrebbero persi nel caso in cui si sciolgano i gruppi alla Camera e al Senato. Calenda tra le altre cose accusa Renzi di essere un “accentratore” (quella vecchia storia del bue e dell’asino) per aver accentrato su di sé tutte le deleghe in fase di trattativa, escludendo l’ex coordinatore Ettore Rosato con cui la trattativa procedeva senza troppi intoppi. Sornione, nel pomeriggio di ieri Renzi ripete che scioglierà Italia Viva “solo quando ci sarà il partito nuovo” spiegando di essere “in fase zen”.
“È incredibile utile litigare”, dice Renzi dopo una giornata di litigi. La resa dei conti avrebbe dovuto essere il comitato politico convocato da Calenda in serata, composto da membri i Azione e Italia Viva. Lo scioglimento dei due partiti è previsto entro il 2024, il tesseramento sarà unico. Ci sono persino le date dell’assemblea costituente: 28 e 29 ottobre. Ma sono in pochi a crederci. Le cose sono messe male”, fa notare qualcuno: “Il 90% dei parlamentari di Azione vuole chiudere, si sono resi conto di essersi prestati agli interessi di Renzi”. Lo sapevano tutti tranne loro, i competenti. Un bel pezzo di credibilità, intanto, è andato.
Calenda sbotta a Striscia la notizia: “Il partito non lo riusciremo a fare, perché Renzi non lo vuole fare”
“Il partito non lo riusciremo a fare, perché non lo vuole fare”. Questa la risposta di Carlo Calenda, intercettato questa mattina da Enrico Lucci che ha chiesto al leader di Azione aggiornamenti sull’accordo con Matteo Renzi per il partito unico con Italia Viva. “Perché (Renzi, ndr) non vuole farlo?” lo incalza l’inviato di Striscia, nel servizio che andrà in onda questa sera. “Perché vuole tenersi soldi e partito di Italia Viva e non si può far nascere, da due partiti, tre partiti: diventa ridicolo», risponde Calenda. Che aggiunge: “Non so se oggi ci sarà una nuova riunione, ma lui non viene alle riunioni. Non ci ho parlato, perché lui parla solo con Obama e Clinton”.