di Stefano Sansonetti e Carmine Gazzanni
Non c’è che dire, don Camillo e Peppone sugli affari continuano a essere più in sintonia che mai. Per carità, divergenze ideologiche resisteranno pure, ma sembra roba da poco. E pazienza se il terreno fertile di questa “affinità elettiva” è in realtà il drammatico problema dei migranti. Una storia vecchia, si potrebbe dire, che però di anno in anno va rinnovandosi. Per rendersene conto basta passare dalle parti di Trieste. Nei giorni scorsi la prefettura ha provveduto ad assegnare il nuovo bando annuale, relativo al 2018, per “l’accoglienza dei cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale”. La provincia di Trieste non è roba da poco. Qui ci sono da sistemare mille immigrati procurando strutture, pasti e servizi igienici. Tanto per fare un paragone, nel Cara di Mineo, considerato il più grande d’Europa, gli ospiti arrivano a oscillare tra i 3 e i 4 mila. Insomma, i numeri del capoluogo friulano non sono trascurabili.
Il dettaglio – La procedura gestita dalla prefettura, pertanto, ha previsto l’esigenza di offrire accoglienza a mille migranti al costo giornaliero pro capire di 35 euro. E si è conclusa con l’assegnazione del servizio, per un importo annuale presunto di 12,7 milioni di euro, a un raggruppamento composto da Ics-Consorzio italiano di solidarietà, Fondazione diocesana Caritas di Trieste e dalle cooperative Lybra, Duemilauno Agenzia Sociale e La Collina. Quanto alla Fondazione è sin troppo intuitivo, visto il nome, stabilire un collegamento con le omonime Caritas e diocesi (sarà soddisfatto don Camillo). Per quanto riguarda le tre cooperative basta scavare un po’ per scoprire che fanno parte del caleidoscopico mondo di Legacoop, ossia la Lega delle cosiddette coop rosse (sarà contento Peppone). Il tutto a conferma del fatto che passano gli anni, ma la parte “business” del fenomeno dei migranti va sempre a finire nelle stesse casse.
Il passaggio – La questione, se si considera l’attuale situazione nazionale, può fornire ulteriori spunti di riflessione. Quanti sono, infatti, i migranti oggi ospitati in Italia? L’ultimo dato pubblicato a marzo scorso dal Viminale, guidato da Marco Minniti, parlava di circa 176mila persone. Dopodiché il ministero ha preferito glissare sugli aggiornamenti. Una mancanza di trasparenza intercettata dalla Commissione d’inchiesta sul fenomeno migratorio, che proprio in questi giorni ha consegnato la sua relazione conclusiva: “È importante che i dati – ha scritto l’organo presieduto da Federico Gelli (Pd) – siano trasparenti, fruibili, razionalizzati e intelligibili, oltreché, naturalmente, completi”. Ed è proprio dal report parlamentare che emergono i tanti attesi aggiornamenti: al primo dicembre 2017 risultano 186.833 presenze totali nel sistema d’accoglienza, tra circuito Sprar, ovvero il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati gestito degli enti locali (24.573), strutture temporanee (151.239), hot spot (352) e centri di prima accoglienza (10.669). Volendo fare una media, senza la pretesa di scientificità, si può moltiplicare il numero dei migranti ospitati per il costo singolo giornaliero di 35 euro (confermato dall’ultimo bando di Trieste).
L’operazione – Ne viene fuori un costo quotidiano complessivo a carico dello Stato di 6,5 milioni. Che in un anno fanno 2,3 miliardi di euro. Al momento, seppur a spanne, è questo il valore annuale del business dei migranti, che a quanto pare finisce sempre per premiare i soliti operatori. Tornando all’appalto di Trieste va registrato che il raggruppamento vincitore è esattamente lo stesso che già si era aggiudicato il servizio nel 2017 (quindi sempre Fondazione diocesana e coop rosse). L’anno scorso, se non altro, si erano presentati due pretendenti. Per la gara 2018, invece, solo il raggruppamento che poi ha prevalso. Nel frattempo sono tanti altri i bandi messi in campo dalle prefetture italiane per individuare i nuovi gestori di un servizio accoglienza che continua imperterrito a far gola. Una storia destinata a ripetersi.