di Alessandro Barcella
Con la mano sinistra toglie ciò che la mano destra ha appena dato. Non è il gioco di un’abile illusionista ma l’ultima beffa del Parlamento italiano. Con Legge del 14 gennaio 2013, entrata in vigore il 19 febbraio, Camera e Senato legiferano in materia di verde pubblico. “Un albero piantato per ogni nuovo nato”: nulla di nuovo, la normativa risale addirittura al 1992, anche se si trattava di un testo non organico e privo della minima sanzione. A volerla furono Giulio Andreotti e lo scomparso presidente Francesco Cossiga, in anni in cui però il tasso italiano di nuove nascite galoppava a doppia cifra.
L’Italia di oggi racconta di un saldo quasi a 0 tra nuovi nati e defunti e della contemporanea scomparsa progressiva del verde (il dato nazionale dell’Istituto Ispra parla di 8 metri quadrati di verde che scompaiono sotto il cemento ogni secondo). Il carico da 90 lo mette una ricerca di Legambiente, analizza il dato procapite del verde fruibile in Italia. La media che emerge è quella di 7,60 metri quadrati per abitante, mentre lo standard previsto per legge dovrebbe essere di 18 metri quadrati.
Ecco allora la decisione di Camera e Senato di ridare vita (dopo 3 anni di lavori e nell’ultimo giorno utile di sedute) ad un provvedimento che negli anni è stato attuato da singoli amministratori locali, in modo assolutamente volontario.
Il gioco di prestigio, dicevamo. Sì perché se da un lato si cerca di ridare impulso alla norma, rendendo più stringenti obblighi e tempistiche, dall’altro la si esclude per il 40% dei comuni italiani. Aspetti positivi ci sono, lo dicevamo poc’anzi.
Le nuove norme infatti prevedono l’obbligo di piantumazione non più entro 12 mesi ma nell’arco di sei mesi dall’avvenuta nuova nascita. Piantumazione che viene ora estesa anche al caso di adozione di minore, una fattispecie sociale che nel lontano 1992 era ancora agli albori.
Il legislatore ha inoltre decretato che i Comuni dovranno mettere per iscritto ,in modo chiaro, la tipologia e la localizzazione della nuova pianta, e farlo con tempi più stringenti di prima(6 mesi e non più 15). Prevista infine una novità assoluta, quella del cosiddetto “bilancio arboricolo”: il Sindaco uscente dovrà comunicare pubblicamente entro due mesi dalla fine del mandato i numeri del patrimonio verde che lascia. Tutto bello, se non fosse per un particolare, che non è certo dettaglio: la nuova legge obbliga i soli comuni italiani al di sopra dei 15.000 abitanti.
A conti fatti, guardando il dato delle statistiche Istat 2011, un buon 40% degli 8092 municipi italiani la potrà tranquillamente ignorare. “E’ stata una scelta del Parlamento preoccupato che i piccoli comuni non fossero in grado di rispettarla, per via dei vincoli imposti dal patto di stabilità”, spiega il capoufficio legislativo del Ministro dell’Ambiente, Massimiliano Atelli.
In questi anni il provvedimento, dicevamo, si è nutrito di scelte volontaristiche dei singoli amministratori locali, talora in occasione delle “Giornate nazionali dell’albero” indette dal Ministero dell’Ambiente per il 21 novembre di ogni anno.
Si piantava generalmente tra novembre e marzo, per lo più alberi di 3-4 anni d’età e nel rispetto della fascia fito-climatica del luogo scelto. Sul tema del nuovo verde i numeri si sprecano, talora rasentando l’impossibile o assumendo contorni da spot elettorale .
Il Comune di Milano, oggi guidato dal centro-sinistra di Giuliano Pisapia, ha parlato di quasi 3 milioni di metri quadrati di verde fruibile messo a disposizione negli ultimi 6 anni. E come potrebbe allora essere da meno il neo-governatore della Regione Roberto Maroni? La sua è una vera e propria “bomba”: la promessa di 5 milioni di nuove piante da qui al 2018.
Che questa esplosione di ambientalismo possa sopperire in parte allo “scippo” operato dal Parlamento sulla vecchia legge Cossiga-Andreotti? E mentre la Grande Milano pianta, l’Italia dei mille piccoli campanili continua a mangiarsi il suo verde.