“Anche se condannati non devono dimettersi”. Nordio “salva” Santanché e Salvini: fino al terzo grado di giudizio

Nordio a SkyTg24: "Santanchè e Salvini se condannati non dovrebbero dimettersi. La separazione delle carriere? Il primo obiettivo"

“Anche se condannati non devono dimettersi”. Nordio “salva” Santanché e Salvini: fino al terzo grado di giudizio

Dai ministri che, sebbene condannati, non dovrebbero dimettersi, alle intercettazioni troppo costose e abusate, passando per il Ddl Sicurezza che non si tocca, per finire con la separazione delle carriere dei magistrati. È un Carlo Nordio a tutto tondo (e a tutta destra) quello che ieri ha pontificato a SkyTg 24.

Ministri condannati ma in carica fino a sentenza definitiva

A partire dai guai dei suoi colleghi ministri: Daniela Santanché e Matteo Salvini, che fino a eventuale condanna definitiva, non dovrebbero dimettersi. “Da un punto di vista giuridico, formale e politico sicuramente non dovrebbero dimettersi”, ha detto il Guardasigilli. Per decidere su eventuali dimissioni, “secondo me il criterio generale è quello della Costituzione, cioè la presunzione di innocenza fino a che una persona non è oggetto di sentenza definitiva è presunta innocente e noi abbiamo assistito centinaia di indagini e processi che hanno compromesso o, addirittura eliminato non fisicamente ma politicamente, ministri, sottosegretari e parlamentari e poi si sono risolti con un’assoluzione”.

Per Nordio il Ddl Sicurezza non si tocca

Nulla di nuovo, ma l’idea di tenersi un ministro (eventualmente) condannato (anche non definitivamente) per sequestro di persona o per bancarotta evidentemente non turba l’ex magistrato. Del resto, è garantista, lui. Ma non proprio con tutti. Tanto che sul Ddl Sicurezza (quello che ha introdotto 20 nuovi reati e inasprito le pene fino a 7 anni per le manifestazioni pacifiche) tira dritto, senza ripensamenti: “Si tratta di un provvedimento normativo ovviamente perfettibile, il Parlamento è sovrano e ci affidiamo alla volontà dei rappresentanti del popolo”, ha dichiarato, “ma non credo che proporremo emendamenti, avendolo noi approvato”.

Troppe intercettazioni e troppo costose

Poi il ministro ha sfoderato uno dei suoi cavali di battaglia (errati): le intercettazioni. “Credo che in Italia si faccia un uso eccessivo delle intercettazioni che comportano spese fuori controllo che potrebbero essere devolute anche ad altri tipi di intercettazioni più sofisticate; ad esempio per captare le intercettazioni della criminalità organizzata”, ha detto il nostro a proposito del disegno di legge Zanettin che vuole ridurre a 45 giorni la durata delle captazioni.

Suscitando la levata di scudi di M5s, che subito ha risposto: “Il ministro Nordio ci è ricascato: ha riparlato di spese fuori controllo per le intercettazioni. E noi siamo costretti a ricordargli per l’ennesima volta che grazie alle intercettazioni utilizzate in tante importanti indagini, lo Stato recupera cifre enormemente superiori rispetto alla spesa sostenuta per effettuare le captazioni. Parliamo di miliardi, non di spiccioli. Solo per fare un esempio, dal 2015 al 2020 sono stati sequestrati beni per 35 miliardi di euro e le confische definitive ammontavano a 11,7 miliardi”.

“Non solo, se Nordio avesse il buon senso di leggere i dati diffusi anche nelle audizioni parlamentari”, continua la nota dei parlamentari pentastellati, “apprenderebbe che il numero di intercettazioni è in calo da anni, e con esse la spesa affrontata. Il ministro entra poi nel surreale quando ci spiega che i soldi andrebbero meglio indirizzati verso le intercettazioni per la criminalità organizzata. Oggi forse questo non avviene? Piuttosto, è il Ddl Zanettin della maggioranza a demolire le intercettazioni, anche sulla mafia. Sanno tutti benissimo, infatti, che la gran parte delle indagini su fatti di criminalità organizzata nasce da altri reati, ad esempio quelli legati alla corruzione ai quali il governo Meloni non manca mai di riservare un trattamento di riguardo. Quindi la folle tagliola dei 45 giorni porterà impunità ovunque”.

Alla guerra per la separazione delle carriere

Infine Nordio ha ricordato che probabilmente giovedì la commissione Affari costituzionali di Montecitorio adotterà il testo del governo sulla separazione delle carriere. Un tema sul quale ci sarà battaglia.

“La separazione delle carriere è il primo obiettivo”, ha dichiarato, “il primo voto sarebbe una svolta”. Per il prossimo 23 ottobre è stato fissato il termine per la presentazione degli emendamenti al ddl costituzionale. L’orientamento è portare il dossier in Aula entro la fine di dicembre.

“Sono ottimista” sui tempi “e penso che sia corretto che si vada anche a referendum, perché è giusto che su una materia come questa si esprimano i cittadini e sono convinto che approveranno la nostra scelta. Non è una riforma punitiva nei confronti dei magistrati”, ha concluso Nordio, sebbene l’intera magistratura non la veda proprio così.