È in atto, come ha detto Papa Francesco, una terza guerra mondiale combattuta a pezzi nel pianeta con il rischio dell’olocausto nucleare. Nelle ultime ore scenari apocalittici attraversano la terra santa, luoghi in cui Gesù ha predicato amore e non odio. Eppure i governi, soprattutto quelli occidentali, sanno solo parlare il linguaggio della guerra e delle armi e ci stanno conducendo dritto dritto verso l’inferno.
Napoli e le altre città potrebbero realizzare quello che i governi hanno rinunciato a fare
Con le guerre non si costruisce un futuro migliore, si piangono morti e feriti, si consolidano odi che genereranno inevitabilmente nuove violenze. Eppure la forte propaganda mediatica e politica che sostiene i guerrafondai – non solo nel nostro Paese – nasconde anche il nesso di causalità tra guerra e profonda crisi sociale ed economica, per non parlare delle devastazioni ambientali che stanno provocando bombe, uranio impoverito, armi chimiche, la distruzione di foreste, inquinamenti di falde acquifere e mari.
Il caro vita, i carburanti alle stelle, i prezzi schizzati in alto, le bollette fuori controllo, derivano in buona parte dalle guerre, dalle politiche di guerra e dalle speculazioni, come quella sull’energia che invece di essere un bene comune è oggetto di profitto nelle borse finanziarie. Unione Europea e governi faranno pagare al popolo anche i 300 miliardi di euro in armi consegnate all’Ucraina. E quando si parla di lavoro, sanità, scuola, infrastrutture, ambiente dicono che non ci sono i soldi. L’austerità vale per i diritti per vivere e non per le armi della morte.
Da Sindaco feci inserire nello statuto comunale: Napoli Città di Pace. Bisogna riprendere a costruire una diplomazia dal basso, solidali con i popoli aggrediti e creare nei territori comunità coese che dimostrino che con l’armonia si costruisce la democrazia e non con odi e violenze.
Tra Israele e Palestina senza due Stati e due popoli non vi potrà mai essere pace
A Napoli, ad esempio, la comunità ucraina è molto numerosa e ben integrata, siamo gemellati con le città palestinesi di Nablus e Ramallah, così come diedi la cittadinanza onoraria al Presidente della Palestina Abu Mazen e mi è stata conferita la cittadinanza palestinese. Napoli e le città potrebbero realizzare quello che i governi hanno rinunciato a fare: diplomazia, dialogo, cooperazione internazionale, ponti di pace, integrazione e non mura e respingimenti. Uscire dalla guerra con parole e gesta di pace e di verità, condanna per l’orrore delle vittime di tutte le guerre, ma anche ricordare che tra Israele e Palestina senza due Stati e due popoli non vi potrà mai essere pace.