di Clemente Pistilli
Otto milioni di euro spesi, lavori andati avanti per quattro anni e cittadini impossibilitati a utilizzare quello che doveva essere un pensionato, con tanto di residenza sanitaria assistenziale, all’avanguardia, gestito dall’Istituto nazionale di riposo e cura per gli anziani di Ancona; l’unico ente pubblico specializzato su problemi degli anziani, nell’assistenza e nella ricerca scientifica. Tante e tali sono state le difformità rispetto al progetto approvato, tra materiali scadenti e opere come quelle antisismiche non realizzate, che non è stato possibile dichiarare l’agibilità della struttura. Mentre in Tribunale ancora si trascinano le cause civili per quello che è stato inquadrato dagli inquirenti come l’ennesimo sperpero di denaro pubblico, quattro funzionari, tra cui uno del Provveditorato delle opere pubbliche, sono stati condannati dalla Corte dei Conti delle Marche a risarcire settecentomila euro all’Inrca.
Il progetto
Nel 1982 una frana investì ad Ancona la struttura per anziani gestita dall’Inrca. Venne approntato e finanziato un progetto da otto milioni di euro per la realizzazione di un nuovo centro, il “Tambroni”. Doveva essere il fiore all’occhiello dell’Istituto nazionale di riposo e cura per gli anziani, ente che affonda le proprie radici nell’ottocento, quando la Congregazione dei mercanti e degli artisti fondò, a scopo di assistenza e beneficenza, l’Ospizio dei poveri di Ancona. Il Provveditorato regionale per le opere pubbliche delle Marche affidò la progettazione del pensionato a un’associazione temporanea d’imprese, costituita dalla Sts spa di Bologna, che espresse il direttore dei lavori nella persona dell’ing. Emilio Bona Veggi, dall’Ipostudio architetti associati di Firenze e dallo studio T.I. di Rimini. L’appalto per la realizzazione dell’opera venne invece assegnato nel 2000 alla Cpc spa di Roma, presieduta dal prof. Leonardo Di Paola, docente della facoltà di architettura de “La Sapienza”, appassionato di aviazione e al vertice di numerose società, e come responsabile del procedimento venne nominato Corrado Maria Cipriani, funzionario del Provveditorato delle Marche. I lavori iniziarono nel 2001 e soltanto nel 2006 Cipriani segnalò delle difformità rispetto al progetto, che portarono l’Autorità di vigilanza dei lavori pubblici a informare la Procura di Ancona.
La battaglia giudiziaria
Mentre, per risolvere alcuni problemi strutturali, il funzionario del Provveditorato commissionò altri lavori a una società di Ancona e a una di Chieti, la Procura, ipotizzando i reati di falso, truffa e frode in pubbliche forniture, indagò il direttore dei lavori e diversi rappresentanti della Cpc, tra cui il prof. Di Paola. Vennero disposte delle consulenze ed emerse che molti erano gli interventi difformi dal progetto, altrettanti i materiali impiegati e gli impianti installati di minor costo rispetto a quelli previsti. All’esterno appena uno strato di asfalto, strutture con problemi statici e ritenute a rischio in caso di terremoto, persino porte dei bagni in cui non era possibile far passare una carrozzella. Alla fine il complesso è stato dichiarato non agibile e gli anconetani sono rimasti privi di una struttura preziosa per gli anziani. Sul fronte penale, però, due anni fa sono stati tutti assolti. Secondo il Tribunale gli inadempimenti della ditta costruttrice erano numerosi, ma rilevanti solo sul piano civilistico.
La condanna
Del caso si è interessata anche la Corte dei Conti, ritenendo responsabili dello sperpero di denaro pubblico quanti avrebbero dovuto vigilare sulla corretta esecuzione delle opere e non lo avrebbero fatto, dal direttore dei lavori al responsabile del procedimento, fino alla commissione di collaudo. Il danno ipotizzato è stato di oltre tre milioni di euro, ma alla fine le condanne sono state per un totale di settecentomila euro: 300mila per l’ing. Bona Veggi, 200mila per Cipriani, 110mila per l’ing. Carlo Galeazzi e 90mila per l’ing. Giulio Cesare Pedicini, questi ultimi due della commissione collaudo.