Dopo nove anni, si conclude il processo d’appello sul decesso del militare Antonio Ballini a causa di una lunga malattia scatenata dall’amianto. Fatti per i quali la corte di Appello di Firenze ha condannato i ministeri dell’Interno e della Difesa a riconoscere “vittima del dovere” l’uomo morto nel 2014 all’età di 69 anni per un mesotelioma pleurico dovuto all’amianto dopo aver svolto il servizio di leva in imbarcazioni della Marina Militare tra il 1965 e il 1967.
A darne notizia è l’Osservatorio nazionale amianto che da tempo segue questa vicenda e tante altre simili. La vittima, come accertato dalle indagini, era occupato “sia in attività di manutenzione, che di conduzione, con diretta manipolazione di componenti contenenti amianto”. Proprio per questo lo Stato italiano dovrà risarcire la vedova del militare con circa 400mila euro.
Amianto killer di un militare della Marina
Nella Sentenza di primo grado, spiega l’Osservatorio, il giudice sottolinea come “l’esposizione ad amianto del Ballini sia avvenuta in occasione dello svolgimento di attività di servizio”, e soprattutto che “l’esposizione remota ha una valenza maggiore rispetto alle esposizioni successive”.
Ballini, infatti, dopo aver terminato il periodo di leva, aveva lavorato per 25 anni nel cantiere navale di Porto Ercole “dove era stato sicuramente esposto all’amianto”. Per i giudici l’esposizione al pericoloso materiale subita durante il servizio militare si pone come “concausa” della malattia. Non solo gli stessi magistrati hanno ricordato anche un documento dell’Inail del 2012 in cui si afferma che “una volta che sia innescato il processo che irreversibilmente conduce alla manifestazione della malattia, ogni esposizione successiva non ha effetto; il tempo trascorso dall’esposizione assegna un peso maggiore alle esposizioni più remote”.