di Andrea Koveos
Ambiente. Un ministero con compiti essenziali per l’Italia, ma senza un euro. Per colpa dei governi che in questi anni hanno tagliato risorse per un miliardo e 200 milioni di euro. Chiamare questo un dicastero con portafoglio è un controsenso visto che sta in piedi per miracolo, avendo sì e no le risorse per pagare il personale.
In realtà il ministero dell’Ambiente è da sempre quello più penalizzato in termini di risorse economiche che l’esecutivo mette a disposizione. Nel giro di quattro anni i finanziamenti sono stati ridotti del 75%. Da 1 miliardo e 649 milioni del 2008 ai 450 milioni del 2013. La legge di stabilità prima e il decreto legge sulla spending review dopo hanno determinato di fatto un’incapacità di operare sia da parte dell’Ambiente e che degli Enti collegati.
Per avere un’idea di quanto sia stato ridotto il bilancio annuale di questo ministero basta fare il paragone con un altro importante dicastero come quello dei Beni e delle attività culturali che con un bilancio di partenza tre volte superiore (1 miliardo e 400 milioni di euro) nel 2013 non ha subito alcun taglio.
Eppure all’Ambiente spetterebbe la più grande opera pubblica del Paese che è quella della difesa del suolo e della manutenzione del territorio. E sono anni che le forze politiche di centrodestra e di centrosinistra sollecitano interventi di messa in sicurezza nazionale contro i rischi crescenti che derivano dai cambiamenti climatici in atto. Non a caso l’ex ministro Clini aveva parlato di piano quindicennale dell’ammontare di 41 miliardi di euro per la tutela del territorio e del mare. Opere fondamentali di cui l’Italia ha estremamente bisogno.
Negli ultimi sessanta anni, infatti le persone che hanno perso la vita a causa di frane e alluvioni sono state 3.660 con danni stimati per 52 miliardi di euro. Il rischio idrogeologico riguarda l’82% dei Comuni italiani. È la storia della coperta corta della difesa del suolo. Se da una parte si riducono gli investimenti per preservare il territorio, dall’altra si scoprono i danni, centuplicati, causati da una scarsa tutela dell’ambiente. Le ambiziose dichiarazioni del neo ministro, Andrea Orlando, si scontrano con la realtà dei numeri economici, mai così bassi. Malgrado le dichiarazioni del presidente del Consiglio che spingono nella direzione di uno sviluppo sostenibile, il Parlamento tace mentre le risorse scarseggiano o non si vogliono trovare. Eppure basterebbe eliminare gli sprechi o i cosiddetti doppioni. Un esempio che dimostra la scarsa razionalizzazione delle pochi soldi disponibili è rappresentato dall’ Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) nato nel 2008 dall’accorpamento di tre enti controllati sempre dal Ministero dell’Ambiente. L’ennesimo ente di ricerca, che si affianca a Enea e a Cnr. Per non parlare dei costi di gestioni degli Enti parco, comprensivi di presidenti e Cda. Una montagna di spese che potrebbero essere ridotte. Come se non bastasse nel Ddl sulla Legge di Stabilità 2013 vengono destinati alla Protezione Civile poco più di 73 milioni di euro contro i 172 milioni di euro messi a disposizione nel 2009. D’altronde ai tagli previsti per il ministero vanno sommate ulteriori riduzioni di spesa inserite nella Spending Review: meno 23 milioni di euro nel 2013, meno 21 milioni di euro nel 2014 e meno 29,6 milioni di euro nel 2015.