Sembra che non ci fosse politico a cui l’avvocato Piero Amara non volesse avvicinarsi. Dalle carte dell’inchiesta della Procura di Potenza, guidata dal procuratore Francesco Curcio, emerge la fitta rete di relazioni retta dall’avvocato siciliano e dal funzionario del Viminale, Filippo Paradiso, ritenuto il “relation man” di Amara. Fatti per i quali entrambi sono finiti in carcere nell’inchiesta sui favori dell’ex procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo, nei procedimenti a carico dell’ex Ilva. Proprio l’agente, si legge nell’ordinanza del gip Antonello Amodeo, “possiede una vasta rete di conoscenze”, ritenute “un dato di per sé neutro ma che costituisce la tessera di un più ampio mosaico indiziario sui fatti accertati”.
Contatti che vanno “dall’ambito politico ed istituzionale, anche di altissimo livello, spaziando dalla Presidenza del Senato, ad appartenenti alla Camera dei Deputati, da Ministri, ex Ministri”, alle “molteplici conoscenze nella magistratura”. A rivelarlo è Giuseppe Calafiore, ex socio dell’avvocato siciliano, che da tempo collabora con la giustizia. Nel verbale del 25 maggio 2018, rivela che “Amara mi parlava spessissimo di Paradiso, a cui ricordo che dava anche la carta di credito. Paradiso lavorava come applicato politico al ministero degli interni con 1.500/2mila euro al mese per quello che penso ma aveva un tenore di vita molto più alto”. Lo stesso ha poi spiegato che sostanzialmente “Amara sovvenzionava il funzionario del Viminale perché “gli curava tutte le relazioni a Roma”.
Tra questi contatti spunta l’allora parlamentare Denis Verdini secondo quanto riferito ai pm dal magistrato Giancarlo Longo: “Calafiore mi disse che Capristo era molto interessato al posto di Procuratore generale a Firenze” dove “Verdini aveva un problema processuale” e gli avrebbe riferito che “in cambio della sua nomina lì, si sarebbe occupato dei problemi di Verdini”. Una conoscenza che è stata documentata anche da alcuni scambi su whatsapp tra Amara e l’ex parlamentare dove il primo, in più occasioni, lo contattava per organizzare un incontro senza riuscirci. Ma la situazione si sblocca il 18 luglio 2016 quando è Verdini a contattare Amara per una cena con quest’ultimo che gli risponde: “Ciao Denis, mercoledì ho una cena con Capristo. Possiamo a pranzo?”.
Un incontro che, scrive il gip, “viene concordato per il mercoledì successivo”. Interesse verso Verdini che per i pm serviva ad Amara per avvicinare Cosimo Maria Ferri il quale non è indagato. Per Calafiore i riferimenti di Amara al Csm erano “Luca Palamara e Ferri” aggiungendo che “con Ferri parlava direttamente e Ferri andava nell’anticamera di Verdini e lo incontrava là”. Tra i contatti anche l’ex ministro Francesco Boccia, il quale non è indagato ma sentito dai pm come testimone ha confermato di conoscere sia Capristo che Paradiso. “Se non ricordo male mi venne chiesto da Capristo o forse da Paradiso di avere informazioni sulla procedura di nomina del Csm per Taranto” e “in tale contesto chiesi tali informazioni” scoprendo che “Capristo era uno dei papabili” spiega Boccia, assicurando di essersi “ben guardato dal fare pressioni”.
Altra pedina fondamentale nel Csm, sempre per Calafiore, era Luca Lotti con cui, però, c’erano stati attriti: “So che Amara fosse indispettito da Lotti e disse che quest’ultimo quando gli venne detto che era necessario che intervenisse su alcuni componenti del Csm che si opponevano alla nomina di Capristo, rispose risentito che anche l’onorevole Boccia si era rivolto a lui con analoga richiesta ma che era stanco del fatto che Boccia la mattina lo contrastava e la sera gli chiedeva favori”.