“Dopo aver sottoposto il nostro capitano a un lungo interrogatorio, le autorità italiane hanno notificato alla nostra nave un ennesimo fermo amministrativo di 20 giorni. Questo provvedimento è del tutto ingiustificato”, dichiara Oscar Camps, fondatore della Ong catalana Open Arms impegnata dal 2015 in operazioni di ricerca e soccorso in mare. Il decreto Piantedosi ancora una volta colpisce nel segno.
La Ong Open Arms sotto scacco ma la legge vieta di riportare chi scappa nel luogo da cui sta fuggendo
La legge fortemente voluta dal governo per sabotare l’attività umanitaria delle navi nel Mediterraneo (2.571 i migranti morti in quel mare nel 2023, quasi mille in più rispetto l’anno precedente) questa volta blocca per fermo amministrativo l’imbarcazione di Open Arms nel porto di Crotone, in attesa dell’inevitabile e costosa multa che arriverà nei prossimi giorni.
Open Arms ha sbarcato da poco 57 persone, di cui CINQUE minori, recuperate da tre imbarcazioni in difficoltà in acque internazionali. La Ong era già stata colpita da identico provvedimento ad agosto e a ottobre dell’anno scorso. Le colpe? Innanzitutto la Ong si sarebbe permessa di contestare l’assegnazione del porto di Brindisi dopo giorni passati in condizioni di mare difficili, con onde alte fino a 4 metri. Ma sopratutto Open Arms è accusata dalle autorità italiane di aver ostacolato l’intervento di una motovedetta della cosiddetta guardia costiera libica durante le operazioni di “recupero” di 45 persone che li ha poi riportati a Tripoli.
“Tutti e tre i soccorsi effettuati sono stati coordinati dalle autorità italiane, abbiamo rispettato tutte le indicazioni ricevute da MRCC, compresa quella di andare a verificare le condizioni di una quarta imbarcazione, poi intercettata dai libici”, denuncia Open Arms. “In mare lo stato di diritto è stato sospeso, le navi umanitarie si trovano ad operare senza alcun riferimento legislativo chiaro. In questo modo è impossibile garantire la sicurezza e i diritti di chi prova ad attraversare il mare in condizioni di vulnerabilità”.
La nave spagnola aveva ricevuto una segnalazione di Alarm phone di un barchino in difficoltà. Dopo avere contattato Roma per chiedere l’autorizzazione al soccorso le è stato chiesto di andare “a verificare la situazione”. Giunti in loco con uno dei gommoni veloci hanno rintracciato la piccola imbarcazione in difficoltà già intercettata dalla cosiddetta Guardia costiera libica che stava caricando i migranti per riportarli all’interno delle prigioni illegali libiche. Per la Ong sarebbe stata proprio la cosiddetta Guardia costiera libica a denunciare al governo italiano non meglio precisate operazioni di intralcio dell’organizzazione umanitaria. Peccato che l’azione dei libici sia tecnicamente un respingimento illegale secondo il diritto internazionale.
La nave della Ong è stata sottoposta a fermo amministrativo per 20 giorni e a una multa compresa tra 3 e 10 mila euro
“Secondo le autorità abbiamo impedito l’intervento della cosiddetta guardia costiera libica. Questa accusa, oltre a essere falsa perché la nostra nave si limitava solo a osservare le azioni dei libici, legittima una pratica vietata dalla Convenzione di Ginevra. è espressamente vietato, infatti, trattenere e riportare persone nel luogo da cui stanno fuggendo”, spiega la Ong. “Sappiamo tutti – aggiunge – cosa succede nei centri di detenzione libici e quali milizie gestiscono il traffico di esseri umani. Milizie travestite da guardie costiere. Siamo però noi ad essere fermati e multati pur avendo agito rispettando tutte le indicazioni delle autorità’ competenti e sempre sotto il loro coordinamento. Il nostro posto e’ nel mare, finche’ ci saranno vite alla deriva”. La nave della Ong è stata sottoposta a fermo amministrativo per 20 giorni e a una multa compresa tra 3 e 10 mila euro.