Tiene banco ancora il tema della scuola. Non è bastata, infatti, la conferenza stampa “riparatrice” (leggi l’articolo – qui il video), come l’ha definita lo stesso premier Mario Draghi, a placare le polemiche e le preoccupazioni di questi giorni. “Abbiamo fatto una scelta di unità del Paese che è il principio per cui la scuola deve essere l’ultima a chiudere – ha detto il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi -. Abbiamo avuto il massimo dei contagi con la scuola chiusa e avere la scuola chiusa con i ragazzi che hanno altri contatti non sarebbe spiegabile”.
Giustissimo, ma cosa è stato fatto in queste settimane di crescita dei contagi per evitare che il ritorno dei ragazzi e bambini sui banchi scaturisse, un ulteriore, ennesimo, picco di nuovi casi? Niente. Men che meno sono stati forniti i dispositivi di protezione – quali le mascherine Ffp2, che dovevano essere a prezzo calmierato ed invece hanno dei rincari notevoli – come non sono state effettuate operazioni di screening degli studenti, se non a carico delle famiglie.
SALTO NEL BUIO. Dal governo, però, nessun passo indietro, anzi: decidendo di riaprire le scuole dopo le vacanze di Natale “abbiamo fatto una scelta di unità del Paese”. “In aprile – ha detto Bianchi – quando abbiamo deciso di riaprire, si diceva è impossibile tornare. A settembre anche. Ora si dice era impossibile tornare. Io non vivo questa come sfida ma come impegno collettivo. La cosa più importante è richiamare tutti a questo impegno unitario”, ha sottolineato il ministro.
Certo è che ci aspettano settimane non semplici. Lo dicono gli esperti ma lo dicono anche i numeri che giorno dopo giorno crescono in maniera esponenziale. Dal canto suo il ministro competente non sembra avere alcun timore: “Possiamo affrontare una situazione in cui possono aumentare, ma il tema non è se ci sarà o no il ricorso agli strumenti” della didattica a distanza, “ma il contesto: si può ricorrere in una scuola alla didattica a distanza, diverso è quando si mettere tutta una regione o un territorio a distanza”, ha continuato il ministro, ricordando che “abbiamo fatto una norma, il decreto del 5 gennaio, che dava una linea di marcia chiara che è la scuola in presenza: deve essere aperta, non è immaginabile che si tenga chiusa e tutto il resto aperto. Deve essere l’ultima a chiudere. – ribadisce Bianchi -. Ma abbiamo dato anche regole chiare, in caso di situazioni specifiche, per usare anche la formazione a distanza, che non è il demonio: è uno strumento che può essere usato in maniera specifica e per un tempo specifico”.
“Può darsi benissimo – ha concluso Bianchi – che vi sia un aumento della necessità del ricorso della formazione a distanza, ma all’interno delle regole date: non come un provvedimento generalizzato e senza giustificazioni”. Ma il quadro tracciato dal ministro, non corrisponde a quello tracciato dai presidi. “Confermati i circa 17.500 studenti assenti che orientativamente avevamo previsto. Ci avviciniamo al 10% del totale. Per quanto riguarda il personale scolastico la media è di una decina di assenze per scuola. In totale circa 7mila persone. Le classi in ddi nel Lazio sono circa 17mila”, ha spiegato la presidente dell’Associazione nazionale presidi del Lazio, Cristina Costarelli.