di Angelo Perfetti
Non è tanto lo scandalo delle tessere gonfiate ad agitare gli animi della sinistra. Quello in fondo è solo la proiezione in cinemascope nazionale di piccole storie medievali che raccontano di feudatari e di province. Ciò che preoccupa i militanti è il bivio che si trovano davanti: o girare verso il futuro, abbandonando però ideologicamente tanti temi cari alla sinistra; oppure svoltare verso il passato, con il carico di insuccessi e occasioni mancate che questo comporta ma almeno con la garanzia che i ‘valori’ della sinistra italiana siano custoditi. E non è un caso che a livello generazionale la sfida sia plasticamente rappresentata dai giovani Renzi e Civati contro i duri e puri stretti intorno a Cuperlo (e quindi a D’Alema e Bersani). La questione è meno scontata di quanto possa sembrare. Renzi indubbiamente è avanti: ha un parterre di seguaci più nutrito, rappresenta il nuovo ed è in grado – in caso di elezioni – di intercettare anche una buona fetta di scontenti di destra e di centro. D’altronde le sue esternazioni su Marchionne, tutte in positivo, hanno lasciato il segno e poco hanno contato le successive sterzate fatte davanti alla platea dei partigiani. Insomma, marketing più che anima. Dall’altra parte c’è però chi non è mai riuscito a concludere qualcosa fino in fondo: la bicamerale di D’Alema, la corsa al governo di Bersani. Mica bazzecole. Ed è proprio perché il boccone potrebbe essere difficile da mandare giù, comunque lo si guardi, che hanno motivo di esistere le altre due candidature alla segreteria. Civati rappresenta l’ala giovanile del partito, non ha una potenza di fuoco da mettere paura ma rappresenta comunque un’alternativa a Renzi. Pittella dal canto suo sembra fare una corsa solitaria, un po’ in tutti i sensi: probabilmente mira a raccogliere i voti di protesta, più che quelli di programma.
Pensieri e parole
Già, i programmi. I due leader del confronto se la sbrigano con poco: 15 pagine Renzi, una ventina Cuperlo e Pittella, mentre Civati spiega il proprio pensiero in ben 69 cartelle. Inutile sottolineare che tutti provano a giocare la carta del cambiamento, della nuova stagione. Ma è guardando dentro ai programmi – che a prima vista assomigliano molto gli uni agli altri (forma di partito, lavoro, sindacati, Europa) – che si scoprono differenze sostanziali. Paradossalmente è più nelle premesse che nelle conclusioni che si definisce lo stacco. Cuperlo evoca i principi sui quali fondare una nuova sinistra: sostiene che l’ideologia secondo la quale il privato è sempre più efficiente del pubblico e il mercato determina da sé l’allocazione migliore delle risorse ha dilapidato una parte consistente del patrimonio industriale e produttivo del Paese. Renzi ragiona invece su come recuperare i voti di destra e dei grillini: per il rottamatore bisogna cancellare il conservatorismo di chi vuol fare sempre le stesse cose. Renzi, per dirla alla Nanni Moretti, non dice cose di sinistra. O perlomeno non tutte. Cuperlo sì. Ma rappresenta quella sinistra che per anni si è parlata addosso e che, nonostante tutto, non riesce a vedere il mondo senza una sfumatura di rosso.