Tra i motivi con cui le destre al governo hanno giustificato l’attacco e lo smantellamento delle due misure figlie del Movimento Cinque Stelle, ovvero Reddito di cittadinanza e Superbonus, ci sarebbero le frodi. Ma l’argomentazione è fallace e non regge. Per diversi motivi. Uno attiene all’entità stessa delle truffe che riguardano il sussidio ai poveri e il bonus che ha messo le ali all’edilizia e ha fatto da volano all’economia. E che sono di gran lunga contenute rispetto all’entità della frode sui fondi del Pnrr venuta alla luce giovedì, pari a oltre 600 milioni di euro.
E, soprattutto, rispetto ai miliardi di finanziamenti europei finiti sotto indagine in Italia. L’altro è molto più elementare. Il fatto che sia venuta alla luce tale truffa, la più grande, finora sui fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, non mette in discussione la ragion d’essere del Pnrr quanto la necessità di controlli adeguati. Laddove il governo Meloni sta procedendo invece in direzione opposta limitando i poteri della Corte dei Conti e quelli dell’Anticorruzione. Ma su questo avremo modo di tornarci.
La bufala sulle truffe del Rdc e del Superbonus
Per quanto riguarda l’entità delle truffe, partiamo dal Reddito di cittadinanza. Dal 2019 al 2023 sono stati denunciati 53.751 furbetti per un totale di contributi indebitamente percepiti o richiesti pari a oltre 581 milioni di euro. Per quanto riguarda il Superbonus, l’attività di analisi e controllo ha consentito all’Agenzia delle entrate e alla Guardia di finanza di individuare – dati aggiornati a giugno 2023 – un ammontare complessivo di crediti d’imposta irregolari pari a 12,17 miliardi di euro. Ebbene le truffe relative al Superbonus sono risultate pari al 5 per cento del totale dei crediti irregolari, ovvero poco sopra ai 600 milioni. Dunque tanto per il Reddito di cittadinanza quanto per il Superbonus le cifre relative alle frodi sono inferiori o pari alla cifra della truffa scoperta giovedì sul Pnrr. Che, cosa più importante, potrebbe essere solo un antipasto.
La grande frode sul Pnrr
Un dossier della Procura Europea Eppo riferisce che, al 31 dicembre dello scorso anno, su 206 inchieste avviate sul Pnrr, ben 179 riguardano l’Italia, l’86%. Il 50% dei finanziamenti europei finiti sotto indagine – 6 miliardi su 12 – sono in Italia. E ammontano a 42 i fascicoli aperti per corruzione nel nostro Paese. Come si vede, il paragone rispetto alle truffe sul Reddito di cittadinanza e sul Superbonus non regge. Truffe quest’ultime che peraltro confermano che i controlli sulle due misure hanno funzionato, eccome. Discorso diverso invece per il Pnrr.
Allergia ai controlli
Raffaele Fitto, a cui Giorgia Meloni ha affidato la regia del Pnrr, non mai tollerato e digerito i rilievi che la Corte dei Conti, “colpevole” solo di fare il suo mestiere, ha fatto sull’attuazione del Piano. Le osservazioni fatte sui ritardi o sugli obiettivi mancati avanzate dai magistrati contabili sono state bocciate dalle destre come un’intrusione e un’invasione di campo. Da qui la decisione di sfilare alla Corte dei Conti il controllo concomitante sul Piano. E ora l’intenzione di spingersi ancora oltre. Nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia alla Camera è stata incardinata la proposta di legge, a prima firma del capogruppo di FdI Tommaso Foti, che vuole riformare le funzioni di controllo e consultive dei magistrati contabili e la responsabilità per danno erariale.
La proposta di legge, come hanno denunciato i rappresentanti del M5S nelle commissioni Giustizia di Camera e Senato (Stefania Ascari, Anna Bilotti, Valentina D’Orso, Federico Cafiero de Raho, Carla Giuliano, Ada Lopreiato, Roberto Scarpinato), farebbe sparire i controlli successivi dei giudici contabili e renderebbe per lo più impossibili quelli preventivi: infatti, la proposta stabilisce che la Corte dovrà esaminare entro un termine ridottissimo una enorme mole di richieste di pareri su azioni delle Pubbliche amministrazioni, scaduto il termine sarà impossibile dopo accertare la responsabilità erariale per colpa del titolare dell’atto.