Proprio in questi giorni c’è stata la rievocazione della “più bella partita del mondo”, quella tra Italia e Germania da noi vinta per 4 a 3 nel 1970. Quel mondiale, che l’Italia perse in finale col Brasile, è passato anche alla storia (calcistica) per la staffetta tra i due giocatori più rappresentativi: Rivera e Mazzola. I Cinque Stelle presentano questa situazione con la compresenza di Di Maio e Di Battista. Detto questo, il resto è spesso pura speculazione. Come quella riportata ieri da Libero che ipotizza un “patto” tra i due per fare appunto una staffetta politica. Prima Di Maio, che così esaurisce il secondo mandato poi Di Battista.
Che si tratti di pura speculazione è evidente da una considerazione: Di Battista non si sarebbe fatto tanto semplicemente eludere da Di Maio con una promessa futura, soprattutto conoscendo i procellosi mari della politica italiana. Detto questo è chiaro che nei Cinque Stelle esiste un problema Di Battista la cui non presenza parlamentare e/o governativa costituisce una sicura anomalia o, per essere più chiari, una mina vagante. Tuttavia per disinnescare questa mina l’unica azione intrapresa è stata quella di offrire all’ex deputato romano un posto nel famoso direttorio 2.0, una prospettiva che – a quanto risulta – non è stata molto gradita dall’interessato. In questa ottica Di Maio, come spesso gli accade, si è posto al centro cercando di mediare per evitare pericolose derive sia per il Movimento che, in conseguenza, per il Paese.
Una sicura grana in vista è il voto sul Mes il fondo Salva Stati che si prospetta all’orizzonte per i primi di luglio. Di Battista ha detto che il Mes è contro tutto quello che pensano i Cinque Stelle. Però a votare no per il Mes ci sarebbero Barbara Lezzi, Matteo Mantero, Elio Lannutti, Mattia Crucioli e Cataldo Mininno che potrebbero essere facilmente arginati con i voti di Forza Italia da sempre favorevole. Al di là delle diversificate posizioni resta il fatto che il voto è comunque un fattore di instabilità per Conte e il governo che di quei soldi ha bisogno.
Ma torniamo a Di Battista. I 4/5 dei parlamentari – seguendo Di Maio – sono per mediare sull’ex deputato, ma non sono da escludersi possibili accelerazioni dovute alla intransigenza delle richieste fatte riguardo ad un congresso a cui però Grillo ha risposto picche. Non bisogna mai trascurare quello che si muove intorno al fattore di crisi ed in questo caso si tratta di sensibilità sovraniste che trovano la loro realizzazione nelle iniziative più o meno velleitarie come quella dell’annuncio del senatore ex 5S Paragone di farsi un suo partitino, oppure – più concretamente – di suggestioni leghiste legate alla totale avversione di Di Battista al Partito democratico.
Possono essere proprio questi fattori esterni a destabilizzare, senza contare che occorre capire come si schiererà in questo gioco Casaleggio jr che – non è un segreto – non ha mai visto favorevolmente l’alleanza con il Pd. Il M5S è un coacervo di istanze di sinistra e di destra, come sono un po’ tutti i movimenti populisti, che hanno finora trovato una sintesi dinamica, e cioè che cambia con il tempo, in Beppe Grillo. La riprova è nei due governi giallo- verde con la Lega e giallo-rosso con il Pd. Di Battista si identifica con quelle di destra apparentemente dissimulate sotto il terzomondismo ed anche Casaleggio è da ritenersi in quell’area. Ecco, questo potrebbe essere un importante fattore di coesione che dovrebbe preoccupare Grillo e Di Maio.