La Puglia è terra di turismo. E nell’estate del post-Covid, con gli italiani che non sono fuggiti in località esotiche, è stata proprio la regione pugliese ad essersi riempita di turisti provenienti da ogni parte del Paese. Ma, accanto al mare cristallino e caraibico, agli squarci che tutto il mondo ci invidia, ai vicoli bianchi splendenti, alle chiese e ai resti delle invasioni saracene e del dominio borbonico, c’era sempre qualcuno che commentava: “Vince Raffaele Fitto questa volta”; “No, resta Emiliano”. E qualcun altro, ancora, aggiungeva: “Attenti alla Laricchia”.
Ed è proprio quest’ultimo che alla fine potrebbe avere ragione: secondo diversi commentatori – che probabilmente hanno visionato i soliti sondaggi che circolano sottobanco tra giornalisti e politici – Antonella Laricchia, candidata pentastellata alla presidenza della Regione Puglia, viaggerebbe su percentuali simili a quella dei suoi – certamente più accreditati – sfidanti: Michele Emiliano e Raffaele Fitto. Ha detto, d’altronde, bene Luigi Di Maio qualche giorno fa in tour in Puglia: “Antonella mette tutti d’accordo nel Movimento. Per le proposte che aveva avuto si poteva sistemare ma non ha ceduto”, sottolineando come non abbia fatto passi indietro nonostante le richieste da parte del centrosinistra di cercare un accordo per una coalizione con il Movimento cinque stelle. E forse – chissà – è stata proprio questa “barra dritta” a conquistare il voto e il volto dei pugliesi.
DIFFERENZE NETTE. Perché se da una parte c’è chi raccoglie transfughi e voltagabbana e dall’altra c’è chi invece preferisce ripresentare i soliti nomi che già hanno avuto modo di governare (male) in Regione, la Laricchia ha dei primati che nessuno, al di là dei risultati, può toglierle: è la prima in Puglia ad aver presentato un programma elettorale chiaro, puntuale e cristallino; è l’unica ad avere idee certe sul futuro di aree importanti come il tarantino, a differenza del solito politichese di Emiliano e Fitto; è la sola, come si è detto più volte durante questa campagna elettorale, ad aver preso una posizione chiara e forte contro la criminalità organizzata pugliese – in primis contro la Società Foggiana – vero problema endemico del territorio pugliese, martoriato dal sangue di una guerra familiare che sembra non conoscere fine e limite.
Ma c’è di più. Stando sempre a quelli che sono gli umori che si respirano in territorio pugliese, pare che il tanto agognato voto pugliese ci sarà, ma non nella direzione auspicata da Michele Emiliano: la Laricchia, infatti, dovrebbe raccogliere più voti dello stesso Movimento. Insomma, ci sarà qualcuno che voterà per la Laricchia e non per il Movimento. Probabilmente perché subentra la logica del voto “richiesto” e “assicurato” da qualcuno a qualcun altro, ma resta il fatto che la candidata pentastellata ha conquistato il cuore di buona parte dell’elettorato di Puglia.
E da qui la domanda provocatoria: si è sempre detto che il Movimento avrebbe dovuto convergere sul candidato del centrosinistra. Perché nessuno, a parità (o quasi) di preferenze, non ha proposto il contrario? Resta, infine, la guerra interna al centrosinistra, vero vulnus di questa tornata pugliese. Se Emiliano dovesse perdere per pochi voti, non potrà prendersela col Movimento (che non ha fatto che restare fedele ai suoi principi), ma con chi pur – Matteo Renzi e Carlo Calenda in primis – dicendo di essere del centrosinistra ha deciso di correre da solo, candidando Ivan Scalfarotto. Che, tra le altre cose, è nato a Pescara. A 315 km da Bari.