Armato di slide, ieri l’assessore ai trasporti di Regione Lombardia Franco Lucente ha cercato di convincere i componenti della V Commissione regionale Territorio, Infrastrutture e Mobilità che il nuovo metodo di rimborso, quello dell’indennizzo, per i ritardi di Trenord non cambia nulla rispetto al bonus. Ma mentre con il vecchio sistema il bonus era erogato automaticamente ai titolari di abbonamento, l’indennizzo deve essere richiesto. Il bonus, inoltre, era calcolato su un parametro che teneva conto dei ritardi di 5 minuti e l’indennizzo solo di quelli di un quarto d’ora.
“È evidente che Regione Lombardia ha scelto di applicare alla lettera le indicazioni nazionali, con il duplice intento di camuffare da un lato ritardi e disservizi, dall’altro di rendere più complesso per i pendolari l’accesso ai dovuti bonus e indennizzi. Sorprende che questa scelta arrivi da una Giunta che non perde occasione per professarsi autonomista, ma che al bisogno si piega ai diktat che arrivano da Roma, specialmente se farlo significa penalizzare, ancora una volta, i pendolari”, dice Nicola Di Marco, capogruppo del M5S in Regione.
Trenord, le conseguenze dei nuovi criteri dei bonus
Per l’esponente pentastellato, “questi peggioramenti non sarebbero tecnicamente obbligatori, ma sono frutto di una precisa volontà politica. Siamo sempre stati abituati a ragionare, in termini di qualità del servizio, valutando come parametro la puntualità entro i cinque minuti. Un dato che negli ultimi dieci anni è peggiorato. Con le nuove disposizioni i ritardi verranno invece conteggiati a partire dai quindici minuti. I parametri vengono quindi modificati in chiave peggiorativa per i pendolari”. Quindi, spiega Di Marco, “con i nuovi criteri, solamente un terzo dei bonus erogati nel 2023 sarebbe stato riconosciuto”.
Non solo, in caso di disservizi, gli abbonati non si vedranno più riconoscere automaticamente il dovuto, ma dovranno autonomamente richiedere l’indennizzo. Come se avessero altro tempo da perdere, dopo tutto quello che sprecano in banchina a causa di ritardi e cancellazioni. Si tratta quindi di condizioni evidentemente peggiorative della propria condizione di abbonati, che solo la Giunta pare non riesce a vedere. “La scelta di togliere il bonus ai pendolari”, dichiara il consigliere regionale del Pd Matteo Piloni, “è, per noi, sbagliata. Si potevano lasciare sia il bonus che l’indennizzo, come nel precedente contratto, ma si è scelto di limitare l’erogazione dei rimborsi, e cioè di risparmiare sulla pelle dei pendolari. Le linee che avrebbero avuto diritto al bonus con i vecchi criteri per il mese di gennaio sono 20 su 41, ma con il nuovo meccanismo, che prevede il conteggio dei ritardi sopra i 15 minuti, le linee sono ‘solo’ 3. Un risparmio notevole per Trenord e una beffa per i pendolari”. Una beffa che ha fatto imbestialire i cittadini lombardi che si sono sentiti per l’ennesima volta presi in giro.
Beffa al quadrato
Ma non è finita qui. Già, perché “il nuovo contratto prevede, nel caso di linee non dirette, come ad esempio la Cremona-Treviglio, una delle tre linee che superano i 15 minuti di ritardo, il riconoscimento dell’indennizzo solo per la tratta più lunga. In poche parole, se un pendolare deve cambiare treno per raggiungere Milano e la sua linea di partenza rientra tra quelle che danno diritto all’indennizzo ma quella più lunga no, viene conteggiata questa e si perde il diritto all’indennizzo. Per questo ho chiesto all’assessore Lucente di rivedere questo meccanismo perverso che penalizza ulteriormente i già pochi pendolari che, dall’avvio del nuovo meccanismo, hanno diritto all’indennizzo”.