Il vuoto trionfalismo da una parte. La realtà dei numeri dall’altra. Una contrapposizione che in Sanità non fa mai bene. Ciononostante, il governo ha puntato tutto sul primo e cancellato la seconda, nell’annunciare che grazie al Decreto Schillaci le liste d’attesa si annulleranno e ogni italiano avrà cure specialistiche in tempi ristretti.
“La premier Meloni ha sempre voluto fortemente questa riforma”, ha proclamato il ministro della Salute, Orazio Schillaci al Corriere della Sera, “I cittadini potranno ottenere visite e esami diagnostici entro i tempi previsti in base all’urgenza. Se la prestazione non sarà disponibile in un centro pubblico, la riceveranno in una struttura convenzionata o giovandosi, col solo pagamento di ticket, della libera professione del medico in regime di intra moenia (all’interno dell’ospedale ndr)”, ha aggiunto.
E alla domanda su cosa cambierà davvero, risponde: “Cambia che stavolta ci saranno controlli stringenti. Premieremo i direttori generali e sanitari delle aziende che garantiranno efficienza e sanzioneremo le negligenze”. Tra gli altri punti qualificanti del decreto, per il ministro, gli “ambulatori aperti il fine settimana, volendo anche con orario prolungato”. Infine Schillaci conclude con un perentorio “abbiamo ottenuto, per il 2024, l’aumento del tetto di spesa per le assunzioni dal 10 al 15% e, dal 2025, la sua abolizione”. Tutto perfetto e problemi risolti, quindi? Non proprio, perché né Schillaci, né tantomeno la premier nei suoi video propagandistici, hanno spiegato dove troveranno i fondi e, soprattutto, i sanitari necessari per aumentare le prestazioni.
Gli unici a godere dei (pochi) fondi a disposizione saranno i privati
Altro aspetto che Schillaci ha dimenticato di accennare è che, rebus sic stantibus, gli unici a guadagnare da qui pochi fondi che (forse) saranno messi a disposizione, saranno, ancora una volta i grandi player della sanità privata. Il perché è intuitivo (ed è quanto sta già accadendo in Lombardia): se non ci saranno nuove e massicce assunzioni di medici e infermieri nel pubblico (sanitari che però non ci sono), l’unico modo per smaltire le code sarà aprire sempre di più alle prestazioni erogate dai privati.
Quindi, paradossalmente, i fondi stanziati per il Sistema Sanitario Nazionale andranno ad arricchire chi da quel sistema è fuori, sebbene ne sia compartecipe.
La sanità privata eroga il 40% delle prestazioni, un mercato da 70 miliardi
Già adesso questo fenomeno è visibile, tanto che gli affari della sanità privata dalla fine dell’emergenza sanitaria vanno a gonfie vele, come certifica Mediobanca nel suo report dedicato ai maggiori operatori sanitari privati in Italia con fatturato superiore a 100 milioni.
Secondo il rapporto, già oggi i privati coprono il 40% delle prestazioni totali della Sanità, con un giro d’affari stimato di 70 miliardi, destinato a crescere. Scrive infatti Mediobanca: “Le lunghe liste d’attesa della sanità pubblica rendono lecito attendersi, nel prossimo futuro un aumento del peso degli operatori sanitari privati. Nel solo 2023 i tempi d’attesa e le difficoltà economiche hanno spinto 4,5 milioni di italiani a rinunciare a curarsi”.
Chi invece ha potuto sostenere i costi della sanità privata, i sottoscrittori di assicurazioni private e i beneficiari di welfare aziendali, si sono già indirizzati al di fuori del Servizio sanitario nazionale (Ssn). Dei 14 gruppi presi in esame, quelli che hanno guadagnato di più in termini di redditività sono: Centro di Medicina (22,2%), Humanitas (13,4%), Eurosanità (9,5%) e Ghc (8,3%) nell’assistenza ospedaliera, Synlab (39,2%) nella diagnostica e San Raffaele di Roma (36,3%) nella riabilitazione.
Il Centro di prenotazione unico è il grimaldello per inserire le prestazioni dei privati
Non a caso nel decreto è prevista l’integrazione dei Centri unici di prenotazione (Cup) tra strutture pubbliche e private, nonché “si condiziona alla interoperabilità tra CUP pubblici e centri di prenotazione privati la stipula degli accordi contrattuali tra regioni e strutture sanitarie private per l’erogazione delle relative prestazioni sul territorio”, ovvero un altro (enorme) passo verso la parificazione dei due sistemi.
“Si prevede la convergenza al Centro unico di prenotazione (CUP) regionale o infra- regionale, già utilizzato per gli erogatori di servizi sanitari pubblici, anche degli erogatori privati accreditati, ospedalieri e ambulatoriali prevede il decreto.
I ricavi della sanità privata destinati a crescere negli anni
Sul fronte dei ricavi Mediobanca prevede che la sanità privata nel 2023 chiuderà con un aumento dei ricavi del 5,5%. “Il confronto tra il rialzo del 5,5% stimato dall’Area Studi Mediobanca e il +1,7 per cento segnato dalla spesa accreditata rilevabile dall’ultimo DEF, consente di stabilire che la variazione del giro d’affari aggregato sia trainata dall’incremento delle prestazioni sanitarie pagate di tasca propria dai cittadini”, annotano gli analisti.