Ancora ombre sul passato del candidato del centrodestra alle regionali del Lazio Francesco Rocca. L’aspirante governatore era a capo della Croce Rossa prima come commissario straordinario (con compenso di oltre 200mila euro l’anno e circa 120mila euro per le missioni) e poi come presidente (senza retribuzione), ma impiegato nella sanità pubblica nel Lazio e in Campania in ruoli dirigenziali.
Ancora ombre sul passato del candidato del centrodestra alle regionali del Lazio Francesco Rocca
Tutti incarichi di prestigio su cui il suo passato non sembrerebbe aver pesato. Infatti Rocca oltre ad avere alle spalle una condanna per spaccio di eroina (era il tramite tra un un gruppo criminale nigeriano e uno spacciatore romano), compare nelle carte dell’inchiesta sul “Mondo di mezzo”.
In particolare si fa riferimento – come hanno scritto in un’interrogazione parlamentare del 2016 i Cinque Stelle – ad una cena in cui tra i commensali, insieme a Gianni Alemanno, all’epoca sindaco di Roma, erano presenti i rappresentanti di cooperative alle quali era stata affidata la gestione dei campi nomadi della Capitale e lo stesso Rocca che, per conto e alla guida della Croce Rossa, si era aggiudicato l’appalto in associazione temporanea di imprese insieme ad altre associazioni tra cui la Cascina Global Service Srl (coinvolta nell’inchiesta Mondo di Mezzo).
Il candidato della destra nel Lazio citato nell’inchiesta Mondo di Mezzo. Nel mirino la gestione dei migranti affidata alla Cri
A destare le preoccupazione maggiori, però, non è stata tanto la cena in sé quanto le dichiarazioni di Franco Gabrielli a cui era stato affidato il controllo della Protezione civile e di Luca Odevaine, indagato in Mondo di Mezzo, che faceva parte del Tavolo di coordinamento nazionale presso il ministero dell’Interno per l’emergenza immigrazione. Odevaine afferma che, quando il centro veniva gestito dalla Croce Rossa, “gli pagavano 6 milioni di euro l’anno d’affitto”.
Gabrielli all’epoca capo della Protezione civile si stupì per la cifra “abnorme” di spesa al Cara di Mineo
Mentre durante il processo di Mondo di Mezzo il prefetto Gabrielli ha dichiarato: “La gestione della struttura di Mineo viene affidata alla Croce Rossa Italiana che gestisce la struttura con fondi propri. Quando io assumo la responsabilità della gestione dell’emergenza nordafrica, l’allora avvocato Francesco Rocca mi dice che non erano più in grado di gestire la struttura di Mineo con fondi propri così gli chiesi di presentarci un preventivo che fu addirittura superiore rispetto a quello che si riconosceva alle altre strutture. Ricordo – spiega Gabrielli – che era una cifra abnorme per il combinato disposto che lì la struttura la pagava già lo Stato. Mi colpì il fatto che fosse superiore a quella che noi pagavamo, laddove le strutture che ospitavano i migranti si dovevano accollare anche i costi della struttura”.
Dichiarazioni di un certo peso soprattutto dopo la famosa frase di Buzzi: “Con gli immigrati si fanno molti più soldi che con la droga”. Rocca aveva poi assunto, all’interno della sua segreteria, Paolo Pizzonia, ex membro dei Nar dello stesso gruppo di estrema destra di Massimo Carminati. Ma se la gestione del Cara ha sollevato delle perplessità, anche nella Croce Rossa c’è stato qualche problema nel corso degli anni con numerose agitazioni sindacali dei lavoratori che in diverse occasioni hanno lamentato ritardi nella corresponsione delle retribuzioni.
A questo si aggiungono le criticità segnalate nell’ultima relazione della Corte dei Conti sulla Cri. I revisori hanno evidenziato dei ritardi relativi nella sottoscrizione delle convenzioni e nell’erogazione delle relative provviste finanziarie, nonché al connesso prelievo dei fondi vincolati. “Sia i precedenti esercizi finanziari, sia quelli presi in esame sono stati caratterizzati dal censurabile prelievo dei fondi vincolati per sopperire esigenze di cassa, foriero di pregiudizi in termini economici e reputazionali ai danni dell’Associazione”.