Gli anni passano ma a quanto pare a Taranto la musica, in termini ambientali, non cambia affatto. L’ex Ilva continua a violare i diritti degli abitanti del capoluogo ionico. Lo ha affermato per la seconda volta la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha emesso ben quattro sentenze di condanna contro lo Stato italiano al termine dello studio di una serie di ricorsi presentati da un nutrito numero di tarantini.
Lo stabilimento ex Ilva continua a violare i diritti degli abitanti di Taranto
Il verdetto della Cedu, in sostanza, ripercorre quanto già affermato il 24 gennaio 2018 quando l’Italia fu condannata per il primo dei ricorsi alla Cedu e nel quale la Corte aveva chiaramente spiegato che le misure previste dall’autorizzazione integrata ambientale concessa a Ilva nel 2012 non erano state realizzate mettendo in pericolo la salute di coloro che vivono a Taranto.
La notizia, dunque, per certi versi è che non c’è notizia: a distanza di quattro anni i giudici di Strasburgo hanno nuovamente condannato lo Stato italiano e chiarito che anche questa volta gli argomenti presentati nel procedimento dal governo erano gli stessi sollevati nel 2018 e che, come allora, anche in questo 2022, la Corte non rileva argomenti in grado di convincere i magistrati a una conclusione diversa. Insomma, lo stabilimento siderurgico, per la Cedu è ancora un pericolo per la salute dei tarantini.
La Corte europea ha rilevato anche che, dopo la prima condanna del 2018, la procedura per l’esecuzione della sentenza è ancora pendente dinanzi al Comitato dei Ministri, organo chiamato a vigilare per l’esecuzione del verdetto, ma lo Stato italiano alla riunione di marzo 2021 “non ha fornito informazioni specifiche sull’attuazione efficace del piano ambientale, elemento essenziale – scrive la Corte – per il funzionamento di un’acciaieria che non continui a comportare rischi per la salute”.
In altre parole, dunque, i rischi ci sono ancora perché lo Stato non ha ancora dato esecuzione alla sentenza di quattro anni fa. La nuova sentenza della Cedu, però, potrebbe essere il colpo di grazia alle speranze degli industriali. Sulla vicenda è intervenuto Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde, dichiarando che le nuove pronunce della Corte evidenziano “una volta di più il dramma che attanaglia il popolo tarantino” e “condanna gran parte della classe politica che, per anni e con 12 decreti Salva-Ilva, ha sospeso i diritti costituzionali della popolazione tarantina senza risolvere nulla, cercando unicamente di garantire la continuità produttiva a una fabbrica che ha continuato a inquinare e a mietere vittime”.
Per Bonelli “mentre Strasburgo continua a condannare l’Italia e l’operato della sua classe politica, a Taranto si continua a morire. Parla da sé il triste primato della più alta incidenza di malattie tumorali tra i bambini: indagini epidemiologiche hanno evidenziato come, rispetto alla media regionale, il 50% dei bambini tra 0 e 15 anni si ammalasse di tumore e, di questi, il 21% non sopravvivesse alla malattia. Di fronte a questo dramma – ha aggiunto Bonelli – c’è un’unica soluzione che riteniamo attuabile per ex Ilva: la riconversione industriale che consentirebbe la bonifica, la salvaguardia della salute di lavoratori, bambini, donne e uomini di Taranto e il mantenimento dei posti di lavoro. I tarantini non posso più aspettare: è urgente garantire sin da subito un futuro alle giovani generazioni”.