Riccardo Magi non ha dubbi: l’Italia è corresponsabile della morte delle 61 persone annegate la sera del 14 dicembre in acque internazionali. Per il segretario +Europa “la responsabilità del nostro governo è tanto grave quanto evidente”: “Giorgia Meloni pensa ai pandori e agli influencer – ha scritto Magi in una nota – mentre invece dovrebbe chiarire la dinamica che ha portato al naufragio di sabato dove sono morte 61 persone: Frontex ha rivelato di aver avvistato il gommone alla deriva e di aver informato Italia, Malta, Tunisia e Libia. Perché non siamo intervenuti? Perché è stato impedito di fatto a Ocean Viking di effettuare il salvataggio?”.
Riccardo Magi non ha dubbi: l’Italia è corresponsabile della morte delle 61 persone annegate la sera del 14 dicembre in acque internazionali
Il deputato ha annunciato di avere già depositato un’interrogazione per il ministro all’Interno Matteo Piantedosi. La segretaria del Partito democratico Elly Schlein chiama invece in causa Meloni “per spiegare com’è possibile che Frontex avesse avvertito quattro Paesi tra cui l’Italia, e nessuno sia intervenuto per soccorrerle”. Schlein chiede alla premeir anche di “spiegare che una nave, la Ocean Viking, che aveva già fatto un altro salvataggio in zona si stava allontanando per ottemperare all’ordine di sbarcare 26 superstiti a Livorno, a 1.000 chilometri e 8 giorni di navigazione tra andata e ritorno. Questo accade a causa delle vostre scelte e del vostro decreto inumano, che ha il solo scopo di rendere più difficile salvare le vite in mare. E gli effetti si vedono”.
Atto d’accusa di +Europa contro le destre: “L’Italia ha impedito alla Ocean Viking di intervenire”
In effetti molte ore prima del naufragio, alle 17.30 del 14 dicembre, il Comando generale delle Capitanerie di Porto della Guardia costiera, era stato avvisato da Alarm Phone che aveva ricevuto l’Sos dei naufraghi con le coordinate del gommone. L’Mrcc avrebbe potuto chiedere alla Ocean Viking della ong Sos Mediterranée di invertire la rotta e recuperare i superstiti, molto probabilmente salvandoli dalla morte. Vi sono ripetute comunicazioni via mail e telefoniche tra il comando e la nave. Il decreto Piantedosi però vieta esplicitamente un secondo salvataggio alle navi e Ocean Viking il 13 dicembre alle 16 aveva salvato 26 persone proprio in quello specchio di mare dove poi è avvenuta la strage. Per questo le era stato assegnato il porto di Livorno, a 100 chilometri di distanza nel mezzo di un temporale con raffiche forza 9 e onde alte 4 metri.
Ieri alcune “fonti” della Guardia costiera italiana hanno spiegato che la Ocean Viking “si trovava in prossimità delle coste siciliane”. La sostanza non cambia. L’Mrcc ha preferito attendere che intervenisse la cosiddetta Guardia costiera libica, fingendo di non sapere ciò che sappiamo da anni: i libici non salvano persone in mare ma nel migliore dei casi recuperano i vivi per riportarli nell’inferno dei lager finanziati anche dal governo italiano. Alarm Phone racconta di avere avvisato Italia, Malta, Libia. La cosiddetta Guardia Costiera libica più di tre ore dopo, alle 20.44, ha risposto ad Alarm Phone che “siccome c’erano le onde alte non avrebbero inviato nessuno”.
Solo alle 21.40 l’Italia, attraverso l’Mrcc, decide di avvisare una nave di rifornimento di piattaforma petrolifera – la Vos Triton – che in passato, coinvolta in soccorsi, si è macchiata di respingimenti illegali in Libia. A quel punto, era notte fonda, non è rimasto che recuperare i 25 sopravvissuti e constatare il decesso di 61 persone, tra cui donne e bambini. Secondo il progetto Missing Migrants dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), dall’inizio del 2023 sono morte 2.511 persone in mare. Ma secondo l’organizzazione EuroMed Rights questo numero è sottostimato. L’aumento in percentuale, secondo i dati dell’Oim , sarebbe addirittura del 60%. “Sono oltre 2.271 le persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo Centrale quest’anno – spiega il portavo e Oim, Flavio di Giacomo – l’anno scorso in tutto l’anno furono 1.417, un numero drammatico che purtroppo dimostra che non si fa abbastanza per salvare vite in mare”.
Otto morti al giorno nel Mediterraneo non spingono a una riflessione il governo. A nessuno dalle parti di Palazzo Chigi viene il dubbio che boicottando i salvataggi per decreto alla fine ai naufraghi capiti di annegare. Ciò che interessa al governo è tenere lontano dagli occhi i morti e i diritti violati. Si insiste nell’investire 650 milioni di euro per aprire Cpr in Albania e sventolare un nebuloso Piano Matteo sul fronte africano. Proprio a proposito del cosiddetto Piano Mattei che ancora non ha visto nessuno ieri il ministro agli Esteri Antonio Tajani in un’intervista a La Stampa ha fatto sapere che si starebbe creando una “struttura di governance, ma nel frattempo molte iniziative del governo vanno in quella direzione”. “Abbiamo aumentato le 500 borse di studio a studenti africani e stretto un accordo con l’università di Perugia per fornire alle imprese italiane degli studenti africani laureati in Italia”, spiega Tajani secondo cui “il Piano Mattei, in fondo, è soprattutto un metodo”. Chissà qual è, nel “metodo” Mattei, il ruolo dei morti che potevano essere salvati.