Proprio mentre impazzano le polemiche sulle scarcerazioni ai tempi del covid-19, un altro pezzo del 41 bis va in frantumi. La Consulta, presieduta da Marta Cartabia, ha decretato la fine del divieto assoluto di scambio di oggetti di modico valore tra detenuti sottoposti al carcere duro ma appartenenti allo stesso “gruppo di socialità“. Per i giudici il divieto è comprensibile tra detenuti assegnati a gruppi di socialità diversi ma risulta irragionevole se esteso anche ai componenti del medesimo gruppo. Questo perché i cluster sono composti da quattro detenuti e questi non possono appartenere alla medesima associazione mafiosa. Raggruppamenti che hanno il duplice scopo di evitare che i detenuti mantengano vivi i collegamenti con le proprie organizzazioni e di garantire anche a questi detenuti occasioni minimali di socialità.
In ragione di ciò, questa la tesi della Consulta, il divieto non ha senso perché gli appartenenti ad un medesimo gruppo di socialità trascorrono insieme alcune ore della giornata e possono comunicare senza problemi, sia verbalmente che a gesti, senza dover ricorrere a stratagemmi per farlo. Per questo il divieto non accresce le esigenze di sicurezza pubblica, entrando in conflitto con l’articolo 3 della Costituzione, ma risulta inutilmente afflittivo e quindi in contrasto con l’articolo 27, terzo comma, della nostra Carta. Tuttavia, contrariamente a quanto si pensi, dai giudici non è arrivato il via libera allo scambio incondizionato di oggetti tra boss perché sarà il Dap a disciplinare le modalità degli scambi e predeterminare eventuali limitazioni che saranno vagliate dal magistrato di sorveglianza.
ORDINAMENTO SOTTO ESAME. Tuttavia non si può neanche negare che questo sia l’ennesimo duro colpo alla normativa antimafia italiana dopo quelli inflitti dalla Corte di Starsburgo, la quale ha bocciato l’ergastolo ostativo, e della Consulta stessa che ha dichiarato incostituzionale il divieto di concedere permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia. Picconate su cui è intervenuto il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra, secondo cui: “Nel pieno e doveroso rispetto della Consulta, della sua indipendenza e giudizio, non posso non esprimere una legittima preoccupazione” per “un nuovo pronunciamento che toglie il divieto di scambio di oggetti tra detenuti del 41bis dello stesso gruppo di socialità”.
Il carcere duro, spiega il grillino, “si è rivelato uno dei principali e più efficaci strumenti di contrasto alle mafie” nonché “uno strumento necessario per il nostro Paese a cui è stata dichiarata guerra dalle organizzazioni”. Per questo, conclude, bisogna ricordare che “il circuito detentivo speciale è finalizzato a evitare che esponenti delle consorterie, in stato di detenzione, si avvalgano del normale regime penitenziario per continuare ad impartire ordini sul territorio e per mantenere inalterata la loro leadership, che si manifesta anche con forme di supremazia all’interno delle carceri”.