Dice il senatore Enrico Borghi che il Pd con Elly Schlein “è diventato la casa di una sinistra massimalista figlia della cancel culture americana che non fa sintesi e non dialoga”. Riuscire a condensare in una sola frase così tante superficialità era un capolavoro, ma il senatore della corrente dem Base riformista, nostalgica di Renzi e in opposizione alla nuova segretaria, ci è riuscito. È pleonastico aggiungere che Borghi, come avvenuto qualche giorno fa per il suo ex compagno di partito e di corrente, prenda armi e bagagli per trasferirsi al “centro”, tra le macerie del Terzo polo, più precisamente tra le braccia del suo indimenticato leader Matteo Renzi.
Il senatore Borghi sbatte la porta e toglie il disturbo. Una spina nel fianco in meno per la leader del Pd Elly Schlein
Dice Borghi di credere “in un nuovo progetto riformista alternativo alla destra e distinto da questo Pd”. Per Borghi “le prime scelte di Schlein rappresentano una mutazione genetica: da partito riformista a un partito massimalista di sinistra. Io sono convinto che ci sia invece un elettorato moderato che ha bisogno di una casa. Dobbiamo impedire che vada in porto il progetto di Giorgia Meloni di lanciare una opa sui moderati italiani”. Poi il senatore trova un minuto per dirci che no, non si dimetterà, e non lascerà nemmeno il suo posto al Copasir.
Succhiare parlamentari e voti dal Partito democratico è diventato il core business di Italia Viva
In Italia Viva manco a dirlo esultano: succhiare parlamentari e voti dal Pd è il core business del partito renziano che apre anche questa legislatura come ha concluso quella passata, con un’operazione di cosmesi politica che gli permetterà di avere più parlamentari che voti. Secondo Renzi le parole con cui Borghi ha annunciato a Repubblica di lasciare i dem sono “un inno alla politica” perché “spiega il senso di una scelta partendo dalla politica”. Sarà. Di certo Borghi ha avuto un’intensa attività di corrente visto che non molto tempo fa si era allontanato dai cosiddetti “riformisti” del Pd al grido di “basta correnti!” per entrare nella corrente “neo ulivista” a pochi giorni dalle primarie per la segreteria.
L’ex sottosegretaria dem Alessia Morani constata che le “ragioni dell’addio del ‘neo ulivista’ Borghi siano poco comprensibili dette da lui. Le politiche che sarebbero all’origine del suo addio – dice Morani – e proposte dalla nuova segretaria Schlein erano per lo più condivise dalla segreteria Letta di cui faceva parte Borghi stesso”. Qualcuno, come il senatore del Pd Marco Meloni, nota che “quel che afferma Borghi sulla segreteria del Pd somiglia in modo inquietante alla caricatura che ne fanno gli ambienti di destra e non ha alcuna corrispondenza con la realtà dei fatti” e ne invoca le dimissioni.
Dimissioni che, questo è una delle poche certezze di questo Parlamento liquido, non arriveranno mai. Dagli ambienti vicini alla segretaria Schlein non arrivano commenti. La linea è chiara: le parole e le energie vanno concentrate solo sul fare opposizione a questo governo e sul rilancio di proposte su lavoro, scuola, ambiente e diritti. Non c’è spazio per commentare addii o polemiche. Qualcuno però sommessamente fa notare che un po’ di chiarezza nel partito non può che essere salutare.
“Avere un’identità chiara può farci solo bene. È una perdita che ci fa solo guadagnare voti”, bisbiglia un senatore dem. Magari sperando che prima o poi il Partito democratico possa stilare liste che assomiglino veramente alla segreteria e agli elettori. Senza dovere ogni volta sottomettersi al tiro incrociato di chi vive alle spalle del partito, pur essendone fuori da tempo.