La scarcerazione di Najeem Osama Almasri Habish, arrestato a Torino sulla base di un mandato internazionale per crimini contro l’umanità, ha scatenato una tempesta politica che travolge il governo Meloni. Il comandante della polizia libica, noto per il suo presunto coinvolgimento in torture e abusi nei lager per migranti in Libia, è stato rilasciato dopo meno di 48 ore a causa di un vizio di forma, secondo quanto riferito dal ministro Nordio. Il rientro di Almasri a Tripoli, a bordo di un aereo di Stato italiano, ha scatenato l’indignazione delle opposizioni e sollevato interrogativi sul rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia.
Un rilascio pianificato: le ombre sull’operazione Almasri
“Non è possibile che il governo non fosse informato”, attacca Chiara Appendino del Movimento 5 Stelle. “Meloni spieghi agli italiani perché è stato liberato un torturatore”. Anche Elly Schlein, segretaria del Partito democratico, chiede chiarimenti immediati, denunciando il “risultato vergognoso” di una decisione che mina la credibilità del Paese.
La vicenda Almasri si intreccia con i fragili equilibri diplomatici tra Italia e Libia, evidenziando le contraddizioni del Piano Mattei per l’Africa. Da una parte, l’Italia si erge a baluardo della lotta contro i trafficanti di esseri umani; dall’altra, un uomo accusato di essere uno dei principali responsabili dei lager libici torna libero con un volo messo a disposizione dallo Stato italiano. Un quadro che, come sottolinea Angelo Bonelli di Europa Verde, “è l’emblema dell’ipocrisia di un governo che dichiara guerra ai trafficanti ma li libera quando fa comodo”.
“È un insulto alle vittime dei lager libici”, afferma Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi e Sinistra. Le immagini del festeggiamento a Tripoli per il ritorno di Almasri, accolto come un eroe, sono il simbolo di un’azione politica che, per Fratoianni, “macchia la dignità dell’Italia e pone ombre inquietanti sulla gestione delle relazioni con la Libia”. Dichiarazioni simili arrivano da Benedetto Della Vedova di +Europa, che definisce l’accaduto “una violazione degli obblighi verso la giustizia internazionale”.
La richiesta unanime è che Meloni e Nordio si presentino in Parlamento per fornire spiegazioni. Le opposizioni, compatte, chiedono trasparenza: “Con quali coperture Almasri è entrato in Italia? Perché è stato rilasciato?”, incalza Davide Faraone di Italia Viva. Il deputato democratico Paolo Ciani aggiunge: “È indispensabile comprendere le motivazioni dietro una scelta che offende i valori della giustizia internazionale e svilisce il ruolo dell’Italia”.
Realpolitik o complicità? Il prezzo della cooperazione internazionale
Intanto, il ministro Nordio si difende, affermando che il rilascio è stato determinato da “irregolarità procedurali”. Tuttavia, è sulla tempistica e le modalità dell’intera operazione che si concentrano i dubbi delle opposizioni. Secondo le ricostruzioni, l’aereo di Stato era già pronto sin dal mattino, segno di una decisione pianificata. Una mossa che, per Fratoianni, “conferma una precisa volontà politica di evitare che Almasri fosse consegnato alla Corte penale internazionale”.
L’opposizione denuncia anche il silenzio del governo sulle responsabilità del generale libico nei lager di Mitiga. “Le sue rivelazioni avrebbero potuto esporre il sistema di controllo sui migranti finanziato con i soldi europei e italiani”, accusa Ilaria Salis, europarlamentare di Avs. La questione non riguarda solo la politica interna, ma investe la reputazione internazionale dell’Italia e il suo impegno verso i diritti umani.
La liberazione di Almasri non è solo un fatto di cronaca: è un simbolo delle tensioni e delle contraddizioni che attraversano la gestione delle migrazioni e i rapporti con la Libia. Un caso che pone domande urgenti sul prezzo della cooperazione internazionale e sulle linee rosse che l’Italia è disposta a superare in nome della realpolitik.